Gela: è psicosi, Amuchina a ruba. Mascherine in ospedale. Supermercati presi d’assalto Episodi di sciacallaggio su Whatsapp
di Redazione
Furgoni carichi di lavoratori gelesi. Concittadini che fendono la penisola e macinano chilometri in attesa di riabbracciare i loro cari. Come reduci di guerra non vedono l’ora di tornare a casa. Sono operai, tecnici, provenienti da fabbriche e aziende che in queste ore stanno chiudendo i battenti a scopo precauzionale in una Lombardia che nelle zone rosse del Coronavirus inizia ad assomigliare a quei quartieri fantasma di Chernobyl post esplosione: negozi chiusi, strade vuote, scene spettrali. E a Gela c’è chi medita su questo l’allarme: bloccare i compaesani di ritorno da quelle zone? E come fare? C’è perfino chi spera che “le autorità” fermino lo scalo di un aereo in arrivo da Milano, sul quale viaggerebbero diverse decine di tecnici provenienti da Sannazzaro de Burgundi, dove una fabbrica avrebbe dato il “rompete” le righe in attesa che si capisca l’evoluzione del virus.
Follia? Sì.
La paura è giustificabile, il numero dei contagiati sale ora dopo ora, in giornata si arriverà a 300.
Ma se poi si prova a ragionare sui grandi numeri, su una popolazione di 60 milioni di abitanti, il dato è ancora insignificante: un contagiato ogni 200 mila abitanti.
Eppure da giorni nei supermercati è corsa ai generi alimentari di prima necessità. Sabato pomeriggio siamo andati in un punto vendita di una nota catena di alimentari. Lo scaffale dell’Amuchina era vuoto. Gli unici flaconcini presenti li avevano messi da parte due cassiere, per uso personale.
«La gente è allarmata – riferisce una dipendente a Today24 – acquista soprattutto prodotti a lunga conservazione. Ma è un falso problema perché qui da noi non c’è alcuna mancanza di forniture. Tutto procede regolarmente».
Iniziano a scarseggiare anche uova e farine. Ma si tratta di carenze momentanee perché tutte le ditte fornitrici del Paese stanno producendo e distribuendo regolarmente. Ogni allarme risulta ingiustificato.
Precauzione, però, sì. Da stamattina, all’ospedale Vittorio Emanuele, tutti gli operatori sanitari stanno operando con le mascherine, molti preferiscono indossare anche i guanti in lattice.
In un primo tempo la misura precauzionale era stata annunciata solo al pronto soccorso, ma adesso pare che anche gli altri reparti si siano messi in linea.
«Si tratta – dice un medico ospedaliero – di una semplice precauzione, nessun caso in città, né in Sicilia, da quello che mi risulta. Ma se questo può servire a metterci al riparo da rischi, allora, che ben vengano queste precauzioni».
La paura riguarda soprattutto chi, nell’esercizio del proprio lavoro o professione, si trova a contatto con il pubblico, perfino con potenziali contagiati.
È il caso degli operatori del 118, chiamati a soccorrere chi sta male, si trova in condizione di emergenza o è vittima di incidenti.
«Io prendo qualche precauzione – dice un operatore del 118 – ma cosa si può fare? Da stamattina indosso la mascherina, pure i guanti in lattice. Ho disinfettato l’ambulanza con un prodotto specifico. Spero possa essere sufficiente».
Tornando a chi vive o viaggia da e per il Nord Italia, in attesa che nel pomeriggio il prefetto, Cosima Distani, incontri i sindaci per studiare insieme misure precauzionali per fronteggiare il Coronavirus, c’è chi provvede in autonomia a dare direttive ai propri concittadini. Al fine di tutelarne la salute.
È il caso del sindaco di Vallelunga Pratameno, Tommaso Pelagalli, che stamattina ha emesso un’ordinanza responsabilizzando quelle persone che si trovano a viaggiare per lavoro o vivono nelle regioni dove più alto è il rischio contagio.
Il sindaco “vieta” l’allontanamento dei residenti nelle zone di contagio (Lombardia, Piemonte, Veneto) e vieta ai cittadini del suo paese di recarsi in queste zone.
Solo nei casi in cui lo spostamento è già avvenuto o si renda necessario esorta ai cittadini interessati di procedere responsabilmente, informando tempestivamente il medico di famiglia e osservando un periodo di quarantena volontaria.
Quindi non è al momento pensabile di fermare chi dalle zone rosse sta tornando a casa. Ma confidare nel buon senso, quello sì, lo si può e lo si deve fare. Chi si sposta lo comunichi e chi ritiene di essere stato in zone a rischio si fermi a casa e osservi la quarantena. Con l’aiuto di tutti forse sarà possibile fermare il contagio. E certo – in queste ore – non aiutano fenomeni di sciacallaggio mediatico che girano sui social.
Come il caso di un panificio, messo alla berlina senza alcun motivo.
Su Whatsapp circola un vocale dove una donna invita a non andare in questa rivendita perché una dipendente indossa la mascherina.
I titolari del panificio, giustamente risentiti, hanno smentito qualsiasi problema dicendo che in quel panificio stanno tutti benissimo, invitando la fautrice di questa bravata a smetterla.
E in effetti, possiamo confermare, che in città per fortuna non c’è alcun caso di Coronavirus.
Neppure un lontano sospetto. Nulla.