Gela, dopo l’Eni e il Muos ecco l’inceneritore. Legambiente: «Ci opporremo»
di Redazione
Dopo la Raffineria e il Muos ci mancava l’inceneritore dei rifiuti, o termovalorizzatore, secondo la declinazione più chic. Eccolo. Un impianto, in città, brucerà l’immondizia proveniente da metà, se non due terzi, della Sicilia e produrrà energia. Con quali emissioni? A che prezzo? Ormai è ufficiale. L’ultimo «regalo» (punti di vista, ovviamente) che ci fa la Regione a guida Nello Musumeci e centrodestra è l’inceneritore. «Proprio ieri – dice Musumeci – il nucleo di valutazione ha completato il suo lavoro sulle sette proposte arrivate. Ha verbalizzato l’idoneità di due progetti, uno per la Sicilia occidentale e uno per la Sicilia orientale. Il primo prevede la realizzazione di un termovalorizzatore a Gela: costerà 647 milioni. Il secondo punta su un impianto a Pantano D’Arci del valore di 400 milioni circa». Il primo a Gela, l’altro nella zona industriale di Catania.
I due impianti avranno la capacità di smaltire fra le 300 mila e le 450 mila tonnellate di rifiuti indifferenziati.
Non ci sarà un impianto a Palermo, come ipotizzato un anno fa al momento dell’indizione dei bandi. E in generale tutti i rifiuti della Sicilia Occidentale, da Palermo a Trapani, da Agrigento a Caltanissetta, finiranno a Gela.
«Siamo convinti sia questa la soluzione – aggiunge Musumeci – assieme all’aumento della raccolta differenziata. Tutto quello che rimane indifferenziato va nel termoutilizzatore, che produce peraltro energia, e così ci liberiamo della schiavitù delle discariche».
Adesso la Regione, con un nuovo bando, raccoglierà le manifestazioni di interesse tra le imprese che intendono realizzare i due progetti con la formula del project financing: chi vince gestisce l’impianto. Da quel momento scatteranno 3 anni per realizzare le due strutture.
L’annuncio ha subito scatenato la protesta degli ambientalisti. Per Legambiente
«La scelta di Musumeci – commenta Legambiente – di volere gli inceneritori è scellerata e insostenibile, per l’ambiente e per le tasche dei siciliani. Come per quelli di Cuffaro, alla faccia della rottura con il passato, faremo di tutto per fermarli».
D’accordo l’investimento da 650 milioni di euro, le ricadute economiche occupazionali. Ma a quale rischio. E quello che la città deve iniziare a chiedersi da domani.
Il vecchio assioma che segna da settant’anni i destini di Gela: pane e veleno.