«Mafia ancora viva e capace di infiltrarsi»
di Redazione
«Una mafia strisciante che continua a conservare con prepotente arroganza i suoi spazi di intervento con capacità straordinarie di infiltrazione anche in altre regioni e all’estero». Lo ha detto stamane Maria Grazia Vagliasindi, presidente della Corte d’Appello, durante la cerimonia di apertura dell’anno giudiziario.
«Cosa Nostra continua a essere l’organizzazione mafiosa di principale riferimento, dedita al controllo dell’economia legale, soprattutto nei settori degli appalti, spesso grazie alla complicità di propri referenti inseriti negli apparati amministrativi locali, del traffico di rifiuti, dell’edilizia e dell’agricoltura, oltre che nel gioco e nelle scommesse, nel traffico degli stupefacenti, nell’illecito sfruttamento dei siti minerari, evidenziando, altresì, straordinarie capacità di infiltrazione anche nei territori di altre regioni – soprattutto in Liguria, Toscana, Piemonte e, recentemente, nel Lazio ed in Lombardia – oltre che all’estero come ad esempio in Germania, ove risultano stabilmente radicati soggetti criminali, di origine nissena ed ennese, che mantengono organici rapporti con le famiglie mafiose di origine».
Il traffico di sostanze stupefacenti e l’attività estorsiva continuano a essere tra le “forme più diffuse di controllo mafioso del territorio che vedono coinvolta, oltre a Cosa Nostra, anche la Stidda, quest’ultima operante in modo prevalente nel «mandamento di Gela».
«Momento di fibrillazione – afferma la presidente – costituiscono le tornate elettorali e ciò per la puntuale messa a disposizione di pacchetti di voti in favore di candidati vicini alle famiglie mafiose, con l’evidente finalità di indirizzare le future scelte delle amministrazioni locali».
Il procuratore generale, Antonino Patti, nel suo intervento ha sottolineato l’importanza della cattura del boss Matteo Messina Denaro.
«Il recente straordinario risultato ottenuto dallo Stato con l’arresto, dopo 30 anni di ricerche, di un importante latitante dell’ala corleonese di Cosa nostra, non deve farci peccare di facile ottimismo, poiché il pericolo di ripiombare nelle preoccupazioni di un periodo storico che, a torto, da parte di qualcuno, si crede ormai alle spalle, è in realtà sempre presente» ha detto il Pg, ricordando che Messina Denaro è imputato a Caltanissetta quale mandante delle stragi di via D’Amelio e Capaci davanti alla Corte d’assise d’appello dopo la condanna all’ergastolo in primo grado. Nel corso del processo, ha ricostruito Patti, “sono state minuziosamente analizzate le varie articolazioni territoriali dell’organizzazione Cosa nostra, i rapporti tra le province mafiose nonché i collegamenti di queste con altre organizzazioni criminali, ricostruendo l’ascesa al vertice di Cosa nostra siciliana di Messina Denaro. In particolare, il suo strettissimo rapporto con Riina del quale è stato pupillo e fedele collaboratore tanto da essere destinato, per volontà di questi, a succedergli nel ruolo di capo assoluto di Cosa nostra. Tematica di particolare interesse che – ha aggiunto – emerge dall’istruzione probatoria è stata quella del ruolo, già di primissimo piano, del Messina Denaro negli anni della stagione stragista. E’ stato accertato, infatti, che egli capeggiò il sestetto di uomini d’onore, tra i quali anche Giuseppe Graviano, che nel febbraio del 1992 fu mandato a Roma da Salvatore Riina per cercare Giovanni Falcone ed attentare alla sua vita”.