Gela: omicidio Sequino, vacilla la prova regina. Revocata la misura cautelare in carcere
di Redazione
Una affievolimento del quadro indiziario, maturato nel corso del dibattimento, ha indotto i giudici della corte d’Assise dei Caltanissetta, nei giorni scorsi, a disporre la revoca della misura cautelare in carcere nei confronti di Nicola Liardo, 49 anni, indicato dagli inquirenti quale esponente di primo piano della criminalità locale, Giuseppe Liardo e Salvatore «Tony» Raniolo, entrambi di 26 anni, rispettivamente figlio ed ex genero di Liardo senior. Sono tutti accusati, a vario titolo, dell’omicidio di Domenico Sequino, il tassista ucciso la sera del 15 dicembre di otto anni. Sequino, 58 anni, venne freddato con una scarica di pistola mentre si trovava sul piazzale sud della Chiesa Madre, davanti a un lembo del corso Vittorio Emanuele che all’epoca dei fatti era destinato a parcheggio dei veicoli a noleggio con conducente. Era la settimana precedente a quella del Natale e l’omicidio destò molto scalpore. Ad agire furono due giovani in sella uno scooter (uno dei quali – secondo l’accusa – era Raniolo). La richiesta di revoca della misura cautelare è stata presentata dai di difensori dei tre imputati, gli avvocati Giacomo Ventura, Tonino Gagliano, Flavio Sinatra e Davide Limoncello, dopo che i periti nominati dalla corte non avevano rilevato tracce di conversazioni sospette intercorse tra Liardo, all’epoca in carcere, e suo figlio Giuseppe, accusati di essere gli ideatori del piano delittuoso. Giuseppe Liardo, sempre secondo la tesi accusatoria, aveva incaricato dell’esecuzione Salvatore Raniolo, all’epoca suo cognato, fornendogli anche un pistola. Ricostruzione maturata sulla scorsa di una intercettazione ambientale registrata in carcere e confluita negli alti dell’inchiesta. Una prova che i difensori hanno confutato nel corso dell’istruttoria. Hanno prodotto il nastro contenente la registrazione e dalla perizia sarebbe emerso che non vi erano contenuti o tracce sospetta in riferimento all’omicidio Sequino. Da qui la decisione, assunta dalla Corte, che ha rimettessi in libertà i due Liardo e Raniolo. Il processo alle battute finali. Venerdì dovrebbe concludersi la requisitoria dei pm e poi ci sarà spazio per le parti civili, patrocinate dall’avvocato Salvatore Macrì, e a seguire le arringhe dei difensori.