Gela, Alario rieletto segretario Ugl. «Modello sociale in crisi, servono nuove strategie»
di Redazione
Andrea Alario è stato confermato alla guida della segreteria provinciale dell’Ugl. L’elezione, durante il congresso, svoltosi nell’ex chiesa San Giovanni, alla presenza del segretario regionale, Giuseppe Messina e dei segretari confederali nazionali, Giovanni Condorelli e Vincenzo Abbrescia. Durante la manifestazione sono intervenuti il vice segretario generale nazionale, Luigi Ulgiati e il segretario generale, Francesco Paolo Capone. Tra le autorità del territorio che hanno preso parte ai lavori congressuali c’era il sindaco di Niscemi, Massimiliano Conti, il vicepresidente dell’Ars, Nuccio di Paola, il segretario del movimento politico Rinnova, Giampaolo Alario, il coordinatore provinciale di Italia Viva, Giuseppe Ventura, i consiglieri comunali Alessandra Ascia (Rinnova), Salvatore Scerra (Fdi), Virginia Farruggia (M5S) e l’assessore Carlo Falzone del comune di Pietraperzia.
Ecco l’intervento del riconfermato segretario, Andrea Alario:
«Vorrei che ciascuno di noi – dice – riflettesse sulla frase guida che oggi dà il titolo al nostro
Congresso confederale del territorio, e in particola modo diciamo che l’organizzazione socioeconomica del nostro territorio è stata messa a dura prova da una situazione di instabilità che da alcuni anni il mondo sta vivendo – la crisi finanziaria, sanitaria e ora geopolitica ha minato alle basi un modello di sviluppo che ci ha accompagnato negli ultimi decenni, mostrandone tutti i suoi limiti».
«Il prevalere di una logica individualista da cui emergono contraddizioni, basata sulle transazioni economico-finanziarie, sembra la principale causa delle problematiche che stanno caratterizzando questa fase storica. La ricerca di un modello sociale alternativo come la new-economy basata sull’economia circolare può sicuramente svolgere un ruolo centrale nello sviluppo del territorio. La corrente di pensiero secondo la quale il mercato doveva essere lasciato libero di operare per massimizzare il livello di benessere (economico) della società sembra ormai aver dimostrato tutta la sua inadeguatezza. La crisi economico-finanziaria del 2008-09 rappresenta infatti un esempio schiacciante degli effetti perversi e devastanti che la libera forza del mercato può produrre a danno soprattutto delle fasce più deboli. In particolare, il dominio della finanza sull’economia reale, ovvero l’inversione del rapporto di forza (la finanza dovrebbe essere strumentale e a servizio dello sviluppo delle imprese e delle attività economiche non viceversa), ha messo in secondo piano l’attività produttiva per favorire processi di innovazione finanziaria ‘creativa’ piuttosto che di investimento in ricerca e sviluppo nelle imprese (per incrementarne la produttività e di conseguenza la remunerazione dei lavoratori). Al contrario, la bolla speculativa che si è creata ed è poi esplosa ha sortito l’effetto contrario ovvero ha ridotto l’occupazione e il livello di attività produttiva generando un clima di grave incertezza sui mercati».
«Questa situazione ha portato infatti a riconsiderare la sostenibilità dei livelli di indebitamento
pubblico (crisi dei debiti sovrani; anni 2010-11) incentivando indirizzi di politica economica
di tipo restrittivo (austerity) che hanno aggravato ulteriormente la fase recessiva. Lo stesso modello di sviluppo può essere ritenuto responsabile anche delle inefficienze sul fronte sanitario che hanno prodotto una serie di effetti altrettanto devastanti sull’economia. Innanzitutto, va ricordato che la scarsa attenzione riservata al tema dello sfruttamento
indiscriminato delle risorse scarse e non rinnovabili e l’altrettanto grave sottovalutazione
della questione ambientale vanno ricondotte a una concezione largamente dominante di fare impresa che ha guardato principalmente alla massimizzazione del profitto senza considerare aspetti più immateriali ma decisamente più importanti».
«Basti pensare al problema dell’inquinamento atmosferico e del cambiamento climatico che
proprio in questo periodo sembra presentare drammaticamente il conto di tutte queste
disattenzioni, non solo in termini di calamità naturali, ma anche in tema di salute delle
persone, in particolare di quelle fragili come gli anziani, i bambini o con malattie croniche.
A questo si aggiunga poi la sempre più diffusa condizione di siccità che sta condizionando
le produzioni agroalimentari del territorio nisseno, per la quale risulta necessario elaborare
ed attuare un adeguato piano di gestione delle risorse ed infrastrutture idriche in modo da
far fronte all’emergenza dei cambiamenti climatici che possono innescare gravi conseguenze per quanto riguarda la produzione agricola del territorio. L’ assunzione di un determinato stile di vita ha prodotto una serie di comportamenti che hanno dunque inciso sulla tenuta del modello nel lungo periodo. Come premesso, questa condotta ha influenzato anche l’organizzazione del sistema sanitario e la sua capacità di affrontare le crescenti fragilità (emergenze) prodotte da un sistema ormai distorto. Va infatti sottolineato come la logica del profitto ha guidato lo smantellamento della rete di medicina territoriale per spostare l’interesse verso strutture ospedaliere altamente specializzate e più remunerative intendendo la sanità come cura ‘riparatoria’ e bypassando tutto il lato della prevenzione e dell’assistenza di base.
Nel nostro territorio stiamo assistendo alla progressiva destrutturizzazione dell’ospedale di
Gela e di altre strutture ospedaliere minori della provincia a favore delle strutture ospedaliere
del capoluogo nisseno. In questo modo trascurando gli interessi e la tutela alla salute dei cittadini e mortificando le competenze delle figure sanitarie che operano e vivono nella parte sud della provincia. Guardando al perseguimento di mere logiche di profitto a scapito degli interessi cittadini. Il filo conduttore di tutte queste dinamiche brevemente riassunte sembra quindi trovare radici profonde nel modello neoliberista (mainstream) che ha semplificato ogni ambito riconducendolo all’esaltazione dell’interesse individuale (self-interest) e in particolare
all’ottenimento del massimo vantaggio (economico) dalla transazione. Questo approccio ha portato, nello specifico, a considerare un’unica forma d’impresa ovverosia quella che pone al centro il capitale e ha come obiettivo ultimo la massimizzazione dell’utile a scapito di qualunque cosa».
«È stato proprio grazie alle crisi che si sono succedete negli ultimi 15 anni che si è assistito
a un’accelerazione della messa in discussione del modello neoliberista (e mono obiettivo/impresa). In particolare, sia a livello globale con la sottoscrizione dell’Agenda 2030 dell’Onu sia attraverso le recenti politiche economiche espansive post-pandemiche, con le quali si è cercato di spostare l’attenzione verso la costruzione di un modello di sviluppo più
sostenibile, nell’aspetto tridimensionale economico, ambientale e sociale. A questo proposito risulta di grande impatto lo strumento Next Generation Eu approvato dal Consiglio europeo il 21 luglio 2020, che vede nei piani nazionali di ripresa e resilienza il principale mezzo attuativo di processi di transizione ecologica e digitale e a sostegno dell’inclusione sociale. Per quanto riguarda l’agricoltura la complessità dello scenario mondiale ha messo ancor più in ginocchio un settore già in crisi atavica».
«La tenuta economico e sociale di numerose imprese e cooperative della provincia rischia di
crollare sotto il peso di costi esorbitanti delle materie prime e delle risorse energetiche, del caro carburanti, dei prezzi in aumento di fertilizzanti e mangimi e dei rincari e carenza delle risorse idriche, soprattutto in questo 2023 segnato dal cambiamento climatico. Il settore agricolo è anche costretto a fare i conti con una rete di trasporti inefficiente e deficitaria, ad esempio i prodotti Doc della nostra provincia ed anche prodotti molto famosi come il carciofo di Niscemi fanno fatica ad arrivare nei mercati del nord in tempo rapido con l’aggravio di maggiori costi di trasporto. A danneggiare ulteriormente il comparto è la cattiva gestione del sistema idrico con la sua scarsa manutenzione. La crisi economica unita alla carenza di risorse idriche richiede un radicale cambio di passo da parte della politica a sostegno delle imprese in difficoltà. Sul versante dei trasporti e della mobilità la provincia di Caltanissetta vanta una arretratezza strutturale, in particolare il territorio gelese è gravato da infrastrutture viarie quasi totalmente assenti, il trasporto su gomma è affidato principalmente alla vetusta statale Gela-Catania, senza dimenticare il progetto dell’autostrada Siracusa – Gela risalente agli anni ’70 del quale si attende ormai da quasi 50 anni il suo completamento. Anche la rete ferroviaria è fatiscente se non del tutto inesistente, a questo proposito emblematico è il caso Gela dove sono operativi solo pochi mezzi che la collegano con le province vicine, infatti bisogna ricordare che l’arteria ferroviaria di collegamento con Catania è interrotta da circa dieci anni a causa del dissesto idrogeologico».
«Questa e una delle cause principali, per la quale il nord viaggia ad una velocità superiore
rispetto alla nostra. E non solo dal punto di vista di strade e ferrovie, ma anche dal punto di
vista dei porti commerciali che dovrebbero recitare un ruolo di prima importanza dal punto
di vista dello sviluppo della nostra isola. Prendiamo ad esempio il porto di Gela che potenzialmente per la posizione geografica che ha potrebbe recitare un ruolo di primo piano essendo uno snodo fondamentale, e che invece langue a tal punto che le barche non possono nemmeno approdarvi in quanto se ne aspetta ancora il dragaggio. Consideriamo inoltre, ma non da ultimo, anche il fatto che bisogna valutare e considerare sviluppi alternativi all’industria del territorio, che ha subito molti ridimensionamenti negli organici a causa del cambiamento radicale del core business tutto teso verso la green economy alla quale è stato pagato un tributo non indifferente dal punto di vista occupazionale ed economico. Sotto questo punto di vista il turismo ha ricevuto una spinta notevole con la creazione del museo del mare, che ha avuto una grande risonanza in quanto pubblicizzato nelle televisioni nazionali ,sorto per sfruttare le compensazioni di Eni, ma purtroppo cattedrale nel deserto in quanto anche in questo campo si registrano preoccupanti carenze dal punto di vista strutturale di alberghi e ristoranti che mancano del tutto o sono inadeguati, e che sono fondamentali per lo sviluppo di un turismo di primo livello».
«Bisogna investire sulle strutture recettizie del territorio, sui lidi balneari, sul nostro lungomare
abbandonato, con la certezza che il ruolo dell’industria petrolchimica ha perso il suo carattere trainante e che senza valide alternative si rischia di portare l’intera provincia al collasso. Volendo a tal punto entrare nella pura disamina dell’aspetto economico e sociale che afferisce al territorio provinciale del circondario Nord della provincia, sono da considerare con particolare attenzione, le situazioni penalizzanti che discriminano tali zone perlopiù represse.
Invero, il territorio legato alla zona nord del capoluogo nisseno avverte nel suo complesso, una estrema penalizzazione economica legata alla cattiva ed annosa gestione politica, spesso inetta ho addirittura assente che ha provocato nel tempo, sistematiche discese nel baratro di tutto il tessuto economico, artigianale e produttivo. Infatti, si assiste quotidianamente alla chiusura di diverse attività economiche che un tempo erano fiorenti, specialmente nella zona industriale di Caltanissetta. Falegnamerie storiche, quotate da un cinquantennio di affermata attività, oggi non sono più esistenti, come anche aziende impegnate nella lavorazione del vetro, sono ormai destituite di fondamento. Fabbriche impegnate nella lavorazione del ferro definitivamente chiuse e aziende un tempo importanti per la realizzazione di cisterne di acciaio inox, oggi completamente inesistenti, completano un quadro desolante».
«Non dimentichiamo inoltre la chiusura che un tempo si disse “momentanea” del frigo macello, che di fatto non è stato mai più riaperto, provocando non solo una caduta in termini economici, ma anche in termini di risorse umane, incrementando così le file della disoccupazione. A tutto ciò si somma anche la trasformazione della Camera di Commercio di Caltanissetta, fiore all’occhiello dell’economia nissena, che a breve subirà un accorpamento con altre Camere di commercio di altre province regionali, con probabili ricadute non indifferenti sul personale da più di 25 anni in condizioni di precariato e non ancora stabilizzato. Il rammarico più estremo consiste nel fatto che, in questo nostro territorio, considerato ormai di “frontiera”, nessuno più vuole investire, tant’è che non si prevedono repentinamente adeguati incentivi, tali da incoraggiare le aziende affinché investano per favorire uno sviluppo economico, industriale ed occupazionale capace di far rifiorire un territorio con tanta storia imprenditoriale e produttiva. In questo quadro descritto, la politica nelle decisioni importanti si è mostrata sempre latitante, perdendosi in mille rivoli di promesse non mantenute, e utilizzando il bacino elettorale per i suoi scopi, senza incidere fattivamente sull’economia del territorio. L’auspicio è che si apra una nuova fase politica di confronto e collaborazione tra le parti sociali, e si riesca tramite adeguata programmazione ad incidere su tavoli importanti ottenendo uno sviluppo migliore del territorio in chiave futura. Ognuno di noi deve recitare la sua parte attraverso le proprie capacità e competenze affinché si possano realizzare tutti gli obiettivi per garantire un futuro migliore alla provincia nissena, facendo tesoro degli errori precedentemente commessi.
Noi Ugl siamo pronti a raccogliere questa sfida, ci siamo stati, ci siamo, e soprattutto ci
saremo sempre».
«Concludendo, vorrei porgere i miei più sentiti ringraziamenti a tutta la squadra dell’Ugl di
Caltanissetta, a tutti i segretari provinciali ed a quanti operano nel contesto interno della
nostra Organizzazione, con la speranza è l’augurio che il nuovo percorso congressuale».