Ci lascia Andrea Purgatori, maestro di giornalismo. Uomo brillante che amava la Sicilia
di Redazione
Ci lascia Andrea Purgatori, mente brillante, maestro di un giornalismo coraggioso. Ho avuto il piacere di conoscerlo una ventina d’anni fa, quando fu invitato a fare da tutor alla mia «classe» in preparazione degli esami per giornalisti professionisti. Mi colpì subito la sua umanità, la competenza, la serietà con cui affrontava ogni cosa, che fosse la grande inchiesta o una semplice chiacchierata con un gruppetto di corsisti. La prima volta che aprì bocca, compresi la statura: capocronaca del Corriere a soli 32 anni, autore di inchieste illuminanti, scopritore di verità che ad altri sfuggivano. Arrivammo per caso insieme alla reception, in un resort siciliano (amava la Sicilia), io corsista impacciato, lui personaggio della tv. Eppure fu subito alla mano. Dopo un paio di battute scoccò la scintilla, ci scambiammo i numeri: simpatia a prima vista. In questi anni l’ho sentito varie volte, cercando di disturbarlo il meno possibile. Lui, malgrado gli impegni, rispondeva calorosamente.
Ci spiegò – durante quel corso – l’importanza della ricerca, il dovere dell’approfondimento, l’onere della precisione, l’obbligo della verifica. Valori che dovrebbero essere la stella polare per chi si occupa di informazione. Eppure ci accorgiamo, giorno dopo giorno, di quanto questi cardini vengano sviliti. I giornali di carta, la palestra di un mestiere, la scuola, sono ormai il fantasma di quello che erano vent’anni fa. E in una selva di siti, blog, influencer e tuttologi, mi rendo conto di quanto quei concetti fossero importanti e siano attuali.
Ma era un altro giornalismo. A fare i corsi per gli aspiranti pro chiamavano Andrea Purgatori. Il caporedattore centrale del Giornale di Sicilia era Giovanni Rizzuto, Tony Zermo la firma di punta de La Sicilia (pace all’anima loro). Aprivi Repubblica e leggevi Giampaolo Pansa, Panorama era diretto da Pietro Calabrese, Repubblica da Ezio Mauro, il Corriere da Paolo Mieli.
Oggi quella specie è «estinta», chi è venuto a mancare, chi ormai è fuori dai ruoli per limiti di età. In quei posti ci sono colleghi (validi e operosi) che operano tra mille difficoltà, cercando di tenere le loro testate e le loro aziende al di qua del baratro verso il quale tende a trascinarli la rivoluzione (barbarie?) digitale.
Rimpiango con nostalgia quegli anni. Quelle firme. Quelle menti, quei maestri. E oggi ho un rimpianto in più. Ciao, Andrea.
(M.S.)