Gela: «Mi hanno detto di fare l’aerosol, invece avevo un brutto male. Ora sto bene»
di Redazione
È un messaggio accorato e commosso, una testimonianza, quella che Santi Giocolano, storico commerciante oggi 79enne, affida alle colonne di Today24. Il claim è: l’attenzione salva la vita. Ne ha fatto esperienza personale proprio lui, il titolare dello storico Bar Everest – La Fonte dei Milioni, caffè del centro cittadino meta di appassionati del Totocalcio. Erano gli anni della Schedina e Giocolano, forte di una lunga tradizione di famiglia, era uno dei punti di riferimento per i tanti giovani e meno giovani dell’ampio quartiere che va da San Giacomo a largo San Biagio.
«Oggi – racconta – testimonio una vicenda triste ma al contempo di speranza. L’anno scorso ero in vacanza a Gela, città che ho nel cuore e non ho mai dimenticato. Avevo una forte raucedine, sono andato in una struttura sanitaria pubblica e mi hanno raccomandato un po’ di riposo e della aerosol terapia».
Un errore grave non approfondire. Anche perché parliamo di Sanità pubblica. Gicolano non vuole puntare l’indice su nessuno ma la rabbia e il disappunto non sono passati. Anche perché di quella disavventura porta i segni e li porterà con sé per sempre.
Oggi, dopo aver chiuso il bar, vive tra Bologna, Gela e San Cono, città di origine della moglie. Tornato nel capoluogo emiliano, dove oramai trascorre diversi mesi all’anno, poiché la raucedine non passava è stato quasi costretto dai figli a sottoporsi a un nuovo consulto medico. Stavolta al Sant’Orsola di Bologna, dove i medici, dopo un attento esame, gli hanno diagnosticato un brutto male alle corde vocali.
«Mi hanno operato d’urgenza – racconta – e probabilmente qualcuno, lassù, ha voluto che mi salvassi». Oggi parla un po’ a fatica, con una piccola protesi alla gola, che si attiva non appena lui la sfiora con un dito. Gli anni degli aggeggi più invasivi e vistosi, con voci metalliche sono passati. La tecnologia in campo medico ha fatto progressi. E se non ci fai caso neppure ti accorgi che il vecchio timbro energico di «Santino» sia adesso aiutato dalla protesi.
«Sto meglio – racconta, un po’ dimagrito, ma sempre con il sorriso obliquo e ironico attaccato alla faccia – e ho deciso di rivolgermi a voi per mandare un saluto agli amici, e e veicolare un messaggio, una testimonianza. Soprattutto verso quelli con qualche annetto sulle spalle: fate i controlli e rivolgetevi a strutture competenti. Non voglio gettare fango su chi mi ha visitato qui in Sicilia, qualche mese fa, ma se non fossi stato quasi spinto dai figli a ripetere il controllo forse non sarei più tra i vivi».
Ci saluta con una stretta di mano affettuosa, facendo scorrere dallo smartphone qualche foto del passato, quando dal bancone del bar, dispensava battute e serviva il suo proverbiale caffé espresso. Un’ironia che non lo ha mai abbandonato, neppure nei momenti di maggiore sconforto.
«In ospedale – conclude – quando i medici mi hanno detto che avevo un problema serio e dovevano operarmi ho detto loro che avevo chiamato il Principale, lassù, ma mi aveva detto che non c’era posto e dovevo rimanere sulla terra. Loro hanno riso. Io ero spaventato ma ho cercato di affrontarla con coraggio e oggi sono qui a raccontarla».