Gela, le piattaforme off shore sono potenzialmente pericolose? Parte studio del Cnr
di Redazione
Parte venerdì la nuova campagna di studi condotta dalla nave oceanografica «Gaia Blu» per valutare l’impatto delle piattaforme estrattive e gli eventuali rischi geologici. Si tratta di attività che saranno condotte a largo di Gela sotto l’effigie del Cnr e dell’Istituto di scienze marine. La campagna, nome tecnico «Spin Gela», sarà focalizzata sull’analisi di faglie e corpi sedimentari in prossimità delle piattaforme di estrazione olio e gas a mare, con l’obiettivo di valutarne l’eventuale pericolosità geologica. Le altre attività, condotte da Cnr Ismar, hanno permesso importanti scoperte scientifiche quali la presenza di vulcani sottomarini di fango a largo dello Ionio Meridionale. A poche ore dalla conclusione della campagna oceanografica «Sirene» sono già disponibili alcuni primi, importanti risultati. Utilizzando tecnologie geofisiche all’avanguardia disponibili sulla nave è stato, infatti, identificato un campo di rilievi sottomarini allineati lungo profonde spaccature del fondale dello Ionio meridionale, dove un sistema di faglie sta progressivamente allontanando la Calabria dalla Sicilia, facendo sprofondare lentamente la crosta terrestre al largo dello stretto. Si tratta di diapiri e vulcani di fango che si formano quando materiale profondo risale verso la superficie insieme a fluidi e gas, generando a volte delle vere e proprie eruzioni fluide e viscose».
I ricercatori dovranno adesso approfondire la natura e la provenienza del materiale che risale lungo queste grandi faglie litosferiche, e capire come queste influiscano sulla generazione di terremoti in una delle zone sismicamente più attive in Europa. «Le immagini sonar registrate a bordo di Gaia Blu – afferma Alina Polonia, ricercatrice dell’Ismar – hanno evidenziato con grande dettaglio le morfologie di questi rilievi, che mostrano indicazioni di attività eruttiva e tettonica recente. I dati geofisici acquisiti ci permetteranno di ricostruire la morfologia degli apparati e le proprietà fisiche dei materiali coinvolti, per capire se siano alimentati da fango, materiale vulcanico, non essendo l’area molto lontana dall’Etna, o da risalita diapirica di rocce che si trovano abitualmente nel mantello terrestre a oltre 20 chilometri di profondità. Se così fosse, si tratterebbe degli ultimi lembi di crosta terrestre provenienti dell’oceano più antico della Terra, la Tetide, ancora non coinvolti dal processo di subduzione e orogenesi che ha formato gli Appennini e le Alpi». La nave oceanografica del Cnr ha anche seguito dei prelievi, mediante carotaggi, dalle pareti di questi vulcani di fango. Nei prossimi mesi sarà possibile ricostruire i processi che controllano la risalita di fluidi e materiale profondi, con l’obiettivo ultimo di comprendere le connessioni tra geosfera e biosfera in ambienti marini estremi, in condizioni simili a quelle nella quali si pensa sia emersa la vita sulla Terra. «Sirene» è la quinta campagna condotta dal Cnr nel 2024 dopo le spedizioni «Ecorest», che ha indagato lo stato di salute di coralli e fondali profondi, «Tunsic-Bansic», che ha monitorato la distribuzione spaziale del plancton tra Sicilia e Mar Ionio, «Pela Seam», volta ad analizzare produttività pelagica e biodiversità intorno a due montagne sottomarine nel Mar Tirreno, e «Ifigenia» che nel mese di agosto ha percorso il Tirreno per ricostruire la storia geologica dei suoi fondali. Adesso la sesta campagna, con la nave che salpera verso Gela, per studiare l’impatto delle piattaforme off shore a largo del golfo e l’eventuale rischio geologico a esse connesso.