Gela, c’era una volta la diga Comunelli. Oggi è una distesa di sabbia cotta dal sole
di Redazione
Una distesa brulla, terra arida color ocra con al centro una specie di «occhio», un buco. Come se Poseidone o una ninfa dispettosa avessero voluto toccare la terra con un dito. O, perché no, uno sputo.
Eppure quella distesa di sabbia è quel che resta della diga Comunelli, un bacino idrico nato per dare ricchezza alle terre, irrigare i campi. Oggi è ridotto a poco più di un acquitrino per buona parte dell’anno e diventa terra secca e cotta dal sole nei mesi dell’estate. Appena 50 centimetri d’acqua (forse) nel punto più profondo.
C’era una volta il lavoro nei campi, la cultura agreste, le opere pubbliche destinate a sostenerla.
Invece, viviamo anni bui. La diga a secco, i reati commessi in spregio delle norme, come dimostra l’odierna operazione di polizia, nome in codice «H20». Imprenditori agricoli che rubano l’acqua, danneggiano la condotta, generando sacche di illegalità.
(Lo scatto fotografico è di Simone Lombardo)