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INDAGINE | Violò i server

Gela, giovane informatico in cella da due settimane. No della procura alla scarcerazione


di Redazione

Gela, giovane informatico in cella da due settimane. No della procura alla scarcerazione
cronaca
16 Ott 2024

Dal procuratore di Napoli Nicola Gratteri a quello di Perugia Raffaele Cantone: l’hacker gelese, (C.M. le iniziali), 24 anni, arrestato due settimane fa dalla Polizia Postale, aveva copiato sui suoi dispositivi l’intero database utenti del ministero della Giustizia, dal quale ha poi estrapolato le password di 46 magistrati inquirenti di mezza Italia, tra cui anche quelle dei procuratori di Napoli, Perugia e Firenze. Non solo. Il difensore del giovane, l’avvocato Gioacchino Genchi, ha depositato oggi una memoria al Tribunale del Riesame, nella quale si sottolinea che l’hacker gelese disponeva di «accessi ai server e alle email della Guardia di Finanza, della Tim, della Leonardo e di altre aziende che operano nel settore delle infrastrutture informatiche istituzionali», e ha poi acceduto alle caselle email personali di una quantità di magistrati inquirenti di Gela e Brescia, passando per Perugia, Roma e naturalmente Napoli, a cominciare dal procuratore Nicola Gratteri che però, ha ammesso lo stesso indagato, faceva scarso uso di quella mail e preferiva «canali di comunicazione più sicuri per lo scambio di informazioni riguardanti indagini importanti e assai riservate», fin da quando era in servizio in Calabria.

La notizia delle attività informatiche svolte dal giovane esperto gelese, ora in carcere, ha «incuriosito e inquietato» il procuratore della Repubblica di Perugia, Raffaele Cantone, che sta tra l’altro coordinando l’indagine sugli accessi abusivi alle banche dati in uso alla Direzione nazionale antimafia da parte di Pasquale Striano e nella quale è indagato, oltre all’ufficiale della Finanza, anche l’ex magistrato Antonio Laudati.
Oggi l’udienza del Riesame, al quale si è rivolto il difensore del giovane gelese.
Il pm, nel corso della discussione, durata poco meno di un paio d’ore, ha depositato una memoria con la quale esprime parere contrario all’attenuazione della misura cautelare del carcere con quella dei domiciliari e al trasferimento degli atti d’indagine presso la Procura di Perugia, per competenza. Entrambe le istanze – che vedono assolutamente contrari i sostituti procuratori Claudio Orario Onorati e Mariasofia Cozza, sempre più convinti della pericolosità dell’hacker – sono state illustrate dall’avvocato Genchi, che ha poi depositato in una memoria di 33 pagine. Rispondendo alle domande dei giornalisti al termine dell’udienza, Genchi, pur riconoscendo le abilità del suo assistito, ha puntato l’indice contro le debolezze dei sistemi di sicurezza a guardia dei dati del ministero. Una situazione «inquietante», la definisce, adombrando anche l’eventualità che le porte del sistema informatico lasciate aperte dal giovane esperto gelese possano ora favorire altre incursioni «molto più gravi e preoccupanti di quelle che ha commesso il mio assistito».

Il giovane informatico, ha riferito Genchi, «aveva a disposizione tutte le caselle mail usate per trasmettere le notizie di reato, gli ordini di fermo, le misure cautelari e i decreti di intercettazione di tutte le procure e le direzioni Antimafia d’Italia».
Per l’avvocato difensore, in sostanza, se il ventiquattrenne di Gela «fosse stato un criminale avrebbe potuto mandare veramente in tilt il sistema Giustizia italiano. Ma non l’ha fatto: gli unici dati che ha visto sono quelli che lo riguardano, ossessionato e preoccupato com’era delle indagini sul suo conto».

Una ricostruzione dei fatti su cui però non sono d’accordo i magistrati di Napoli, secondo i quali l’obiettivo del giovane di Gela era quello di acquisire dati sensibili da vendere, ritenendo possibile l’eventualità l’indagato abbia potuto rispondere alle sollecitazioni di qualche committente particolarmente interessato a conoscere dati di specifiche inchieste giudiziarie.


Redazione
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