logo TODAY 24 Gela
BLITZ «IANUS» | Nuovi particolari

Gela, il boss e l’ossessione per gli affari. La discoteca, il bar e i rapporti con la politica


di Redazione

Gela, il boss e l’ossessione per gli affari. La discoteca, il bar e i rapporti con la politica
cronacaUncategorized
14 Mar 2024

Un boss e la sua passione per gli affari. È il ritratto che emerge dalle indagini condotte dalla polizia nei confronti di Giuseppe Tasca, 52 anni, indicato quale nuovo reggente di Cosa nostra gelese, capace di tenere dritta la barra del clan e dominare i rapporti a volte turbolenti tra le due fazioni: Rinzivillo ed Emmanuello. La Mercedes, la famiglia, le cose belle della vita. Come quando, dopo aver fatto recuperare la preziosa refurtiva (quasi 80 mila euro) sottratta alla gioielleria Rachele con un colpo alla spaccata, pretese un prestigioso orologio da polso Hamilton del valore di circa duemila euro. Oltre ad altri 7 mila quale ricompensa per il «cavallo di ritorno».

Il nuovo reggente.
Sarebbe stato capace di sostenere sodali nella loro ambizione. Come quando minacciò di gambizzare un autotrasportatore gelese affinché facesse fare strada a uno dei suoi: «Lo devi aiutare, un fari lo scemo, viri ca resti… senza iammi». L’autista alla fine si piegò all’ingerenza. Ma l’obiettivo di Tasca non era certo il mecenatismo. No, solo affari. Voleva affondare le mani in un settore, il trasporto su gomma, per infiltrarsi nella cosiddetta economia legale.
E proprio seguendo la pista dei soldi che la polizia squarcia un altro dei veli che coprono le trame del nuovo reggente. E arrivano a un altro degli arrestati, Rosario Greco, titolare di una rosticceria. E su Greco che Tasca appoggia i progetti di nuove iniziative, con lui prova a fare soldi importanti. Nessuna di queste idee, però, vedrà la luce. Tranne una, un locale sul lungomare, del quale il boss figura come lavorante, ma in realtà – secondo la polizia – è socio occulto. Il locale annaspa, chiude. Il boss rincuora il «socio». In un dialogo registrato dagli agenti Tasca ironizza sulle perdite: «Se va male ti porto a spacciare cu mja». Poi, temendo di essere intercettato «ritratta» e asserisce di non aver nulla a che fare con la droga.

Tasca (coi soldi di Greco) progetta di aprire un bar dentro l’ospedale Vittorio Emanuele. Vuole parlare con il manager dell’epoca e in un dialogo con Giuseppe Pasqualino, suo genero, accampa anche possibili sponde con un importante politico del comune di Gela – «È grande amico di ma cugnato» – e con un ex ispettore del commissariato. Accampa, perché non vi è prova di questi rapporti, né i due, il politico e il poliziotto, risultano al momento toccati dall’indagine.
Ma gli affari, per Tasca, oggi numero uno del clan, fratello a sua volta di un ex reggente fedelissimo degli Argenti, sono quasi un’ossessione.
Progetta di aprire una discoteca. Scruta l’orizzonte, si informa sull’acquisto di un capannone da adibire a sala da ballo: «Ci facemmu 50 mila euro a simana». Poi recede di fronte alla richiesta del venditore che vuole 5 milioni di euro per vendere l’immobile all’epoca in affitto a una ditta cinese per 300 mila euro l’anno.

Dice di poter contare sui soldi di Greco: «Centu o ducentu mila euro, Saru è pronto a meterli».
Vuole anche investire in una pasticceria: «Un bravo pasticcere» cerca, da avviare e poi avere come socio occulto: il perfetto paradigma del crimine organizzato che vuole infiltrarsi nel circuito legale. Perché lui, Tasca, vuole giocare «tante carte» del mazzo, confidando nell’appoggio finanziario di Greco, sperando che qualcuna di queste vada in porto. E porti ricchezza.
Ma il vero core degli affari del clan è la droga.

Ne sono convinti gli investigatori della Mobile, del Commissariato di Gela e del servizio centrale Crimine organizzato (Sisco) della Polizia che hanno indagato per circa due anni, coordinati dalla direzione antimafia di Caltanissetta.

La droga.
C’è Tasca. E c’è anche Giuseppe Domicoli, già al centro di una maxi indagine dei Carabinieri. Nella sua polleria, in via Cascino, si svolgono gli incontri. Ha conoscenze dirette o tramite altri sodali con elementi dei clan Cappello e coi Laudani di Catania.
Il gruppo – secondo gli agenti – ha la disponibilità di depositi di droga, una serra per la produzione della marijuana. Gela esporta cannabis di altissima qualità, prodotta in terreni nascosti della piana, e acquista chili di cocaina lungo l’asse con Catania e la Calabria.
Secondo l’accusa, Crocifisso Di Gennaro, ha il controllo di una serra di Marijuana.
Mirko Salvatore Rapisarda vanta rapporti con i Cappello, i Laudani e il gruppo Monte Po’, sempre alle pendici dell’Etna.

Poi ci sono gli acquirenti tra Licata e il Villaggio Mosé ai quali secondo i poliziotti il clan consegna, riscuote, tratta. Ed ecco che riappare il filo rosso con la politica: uno degli indagati a piede libero è un dirigente della Dc dell’Agrigentino.
Altra figura chiave nella gestione dei punti di rifornimento viene indicato in Manuel Ieva: secondo gli investigatori partecipava alla gestione della serra di Settefarine, del deposito di contrada Carrubba, di quello di Macconi, tra Gela e Acate.
Poi c’è un quarto magazzino, nella zona del Biviere, per il quale è Fabio Palumbo l’uomo indicato dalla polizia quale figura chiave.
Altro soggetto di spicco, nel traffico e spaccio, secondo gli inquirenti è Salvatore Castorina, referente del gruppo Strano di Catania e poi del clan Cappello. «È il trait d’union» tra le due piazze: rifornisce le famiglie gelesi di cocaina e si approvvigiona presso loro di ingenti quantitativi dell’ottima marijuana prodotta sulla piana.

I rapporti con i catanesi.
Sono una decina i trasferimenti di grossi quantitativi filmati e intercettati dai poliziotti. Alcune finiscono con arresti in flagranza, altre risultano solo agli atti dell’indagine. Un primo chilo di cocaina passa dalle mani di Castorina a quelle dei gelesi nel febbraio 2019. Poi, nel luglio dello stesso anno, Pasqualino e Rapisarda, con Luigi Scuderi, acquistano un ingente quantitativo di droga sulla piazza etnea, pagando la somma di 9 mila e 300 euro.
Nello stesso mese, secondo quanto messo agli atti, è Rapisarda ad acquistare un secondo carico di «coca», stavolta circa 10 chili. Gela rifornisce le piazze di spaccio dell’intero hinterland, il consumo di coca è alle stelle. Come pure il valore di questa partita di droga: 330 mila euro.
A loro volta i catanesi, nella primavera di quell’anno, acquistano due ingenti carichi della marijuana gelese: 80 mila euro una prima fornitura e 70 mila euro la seconda. Siamo nell’aprile 2019.

Sempre in quelle settimane, però, qualcosa va storto. Tasca concorda il trasferimento di circa 2,3 chili di marijuana che deve arrivare in Calabria. Ai traghetti, però, il «corriere», alias Orazio Monteserrato, viene bloccato dai poliziotti in borghese. La droga è in un trolley, a bordo di un Opel «Corsa».
La tratta dello Stretto porta a un altro grosso sequestro. Gli agenti si materializzano nella pancia del tragetto e circondano due auto, una Jeep «Renegade» condotta da un calabrese e la Smart con di tre gelesi. La consegna è appena avvenuta. Nel suv, diretto verso il continente, c’è una sacca con 20 chili di Marijuana, mentre, a bordo dell’utilitaria dei gelesi, vengono trovati 19 mila e 200 euro, probabile ricavo dello scambio.
Mario Tomaselli è invece indicato come uno dei presunti «corrieri» sull’asse Gela – Catania
Ma il gruppo di Gela non trascura il mercato interno.
La prova è nelle intercettazioni, secondo le quali un grosso scambio si compie nel quartiere popolare «Baracche»: 5 chili di hashish, passati dalle mani di Rapisarda a quelle di un gruppo non meglio identificato, che gestisce lo spaccio nel quartiere.
Un quadro accusatorio complesso, pagine e pagine che ricostruiscono i rapporti, corroborato da foto, filmati, intercettazioni ambientali (le auto di Tasca e Pasqualino tra tutte). Gli indagati sono complessivamente 72 a fronte di 55 le misure cautelari tra detenzione e domiciliari e 17 indagati a piede libero. Sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa (alcuni), di aver favorito il clan, di aver prodotto, smerciato e spacciato stupefacenti (alcuni) e altri capi di imputazione quali la disponibilità di armi.
Gli agenti ritengono infatti che diversi componenti del gruppo avessero nella loro disponibilità armi pronte a far fuoco. E Tasca, secondo l’accusa, avrebbe potuto disporre di un Kalashinikov.


Redazione
Today 24 è un quotidiano on line indipendente, fondato nel 2014 da Massimo Sarcuno. Ogni giorno racconta i fatti e le notizie di Gela, Niscemi, Riesi, Butera, Mazzarino e di molti altri comuni del comprensorio. In particolare l’area del Vallone.