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NISCEMI | Operazione antidroga

Gela: il «Profugo», lo «Zoppo», e il corriere fan di Gomorra. Ecco come controllavano le piazze dello spaccio


di Redazione

Gela: il «Profugo», lo «Zoppo», e il corriere fan di Gomorra. Ecco come controllavano le piazze dello spaccio
cronaca
1 Lug 2021

L’indagine dei Carabinieri, conclusa con la retata della notte scorsa e i nove arresti, ci fornisce uno spaccato sull’uso diffuso di cocaina. Un’istantanea dell’elevato grado di rischio e dissolutezza in cui vivono tanti giovani, ma anche lavoratori, mariti, padri e professionisti. Personaggio chiave dell’inchiesta – secondo l’accusa – è il gestore di una rosticceria di Gela, il «Tenerissimo». Si chiama Giuseppe Domicoli, ha 32 anni, ed effettua le cessioni utilizzando come ufficio il retro del suo locale. «Un dominus – lo definisce il procuratore capo, Fernnado Asaro – che opera con nonchalance, alla luce del sole» senza mai sospettare di essere intercettato da microspie e telecamere piazzate dagli investigatori. Senza il timore di venire lambito dal sospetto dei tanti clienti che giornalmente frequentano il locale per acquistare il pollo in vaschetta o le patatine (la rosticceria è intestata a un familiare).

Risulta, ai Carabinieri del Nor, che Domicoli sia in grado di assicurare agli spacciatori partite di droga di 100, anche 200 grammi per volta. Sul suo capo pende la recidiva infraquinquennale specifica «che ne indica – sempre secondo gli inquirenti – una spiccata inclinazione ai reati in materia di stupefacenti». Gli investigatori gli attribuiscono anche «legami con il crimine organizzato (Cosa nostra), seppur mai confermati da condanne per mafia: coinvolto in indagini ne è uscito assolto».

Poi ci sono i picciotti. I pusher, come Nicholas Giuseppe Barone e Vincenzo Gerbino, che – secondo Procura e Carabinieri – hanno le mani su alcune piazze di spaccio a Niscemi: il noto bar in via Vattelapesca, le palazzine del largo Sempronio, vicino alla chiesa del Santo Tal dei Tali o il caffè alla moda di via Tizio e Caio.

Primo Maggio a base di «coca».

Mai un attimo di sosta, neppure nel giorno del Primo Maggio, seppure a Niscemi la scampagnata con «arrustuta» sia un classico irrinunciabile, quasi sacro. C’è però del lavoro da fare, il giro che tiene tutti nel vortice: la «pista», la «botta» non possono attendere. Clienti che aspettano, come lo «Zoppo», il «Profugo» e altri tossici, tutti poi identificati dai Carabinieri.

Ecco allora che i due soci, Barone e Gerbino, se ne infischiano della festività e si incontrano. Salgono in auto e si appartano per preparare alcune dosi dopo aver prelevato la droga che tengono nella «boccia», il nascondiglio segreto della cocaina.

Risulta – dalle intercettazioni – che non sempre i 9 indagati ricorrano a un linguaggio criptico. A volte si sceglie la prudenza e parlano di «polli», «carico», «casse» e «tavolini» per indicare le dosi e sostanza. Altre volte i dialoghi sono molto più espliciti e chiamano le cose con il loro nome: «fumo», «polvere» e «grammo».

«Vince’ – dice Barone – mi hai detto che ieri ti sei fatto un colpo sul balcone (una sniffata di cocaina)». «Sì, ieri, piccolo piccolo. Ma dove stai andando con la macchina, verso la “boccia” (il nascondiglio della droga)? Che ci devi andare a fare»? Gerbino esorta Barone a una maggiore prudenza e ad appartarsi in una zona meno frequentata. Così da poter confezionare e pesare le dosi senza finire nei “radar” delle forze dell’ordine.

«Dai fermiamoci qua». «Qua dici»? «Cetro. Mpare io ho avuto paura, ieri. C’erano troppe macchine in giro, se me la fottono (riferita alla cocaina nascosta) mi rovinano».

Il trafficante fan di Gomorra.

Non sempre Gela e Domicoli. Talvolta si recano a Catania, a rifornirsi da un certo «Paolo», non ancora identificato. Un trafficante di medio calibro, con disponibilità di ingenti quantitativi di cocaina. Pronto a rifornire i pusher e le piazze di Niscemi. Ma «Paolo» ha i suoi ritmi, deve pranzare con orata e pescespada, non rinuncia al telefilm di Gomorra. Il che irrita i niscemesi. Così, nel pomeriggio del 27 aprile 2019, quasi ci scappa lo sgarro. I due soci si recano in trasferta a Catania, per un carico. È Gerbino a mantenere i contatti e a chiedere che lo scambio si compia con celerità. «Paolo», invece, se la prende comoda, chiede tempo per pranzare.

«Aooh mpare, come siamo combinati»? «Stiamo venendo da te, sei pronto»? «Ma quale mpare devo pranzare, ci vediamo alle cinque (le ore 17), dai mi devi fare mangiare però». E ancora: «Dai arrivi al bar, ti prendi un caffè, imbuchi 10 euro nelle macchinette… e mi aspetti». Gerbino però non nasconde il proprio disappunto. «Ou a me devi sbrigarmi subito, devo uscire, devo andare con mia moglie. Io ho due bambini». «Ah devi uscire con tua moglie? Pezzo di merda io non devo uscire? E che spacchiu, avete battuto la testa? Io devo mangiare (dice alludendo a orata e pesce spada) e devo vedermi Gomorra». Poi alla fine si accordano per incontrarsi da lì a un’ora e chiudono scherzando: «Mii, sempre leone sei Vincenzo. Invece devi dire all’altro (si riferisce a Barone) che è un gattino».

Affari da capogiro

Facciamo scorrere in nastro di qualche giorno e torniamo al Primo Maggio 2019. La tesi di un fiorente giro di cocaina a Niscemi viene confermata da alcuni dialoghi. È pomeriggio quando Barone incontra due giovani, assuntori abituali di cocaina (un tale «G.» e un altro), ignaro di essere intercettato.

«Dai una dose omaggio niente, Nicholas? – dice “G” – oh, sei un pezzo di fango, un regalino mai»? «Te ne ho fatti di regali, e manco te ne sei accorto – replica Barone – comunque ci vogliono altri 10 euro per saldare perché quella che ti ho dato è roba di prima qualità». «È buona davvero?» «Sì, con questa ti diverti». «Va bene allora mollala una dose, tanto più tardi siamo di nuovo qua».

Un breve spaccato dà l’idea degli affari. E della determinazione dei soggetti indagati. Due di loro, ad esempio, nel maggio dello stesso anno non esitano a speronare una pattuglia di carabinieri prima di finire in manette. Tra le righe dei 121 capi di imputazione che compongono l’ordinanza e disvelano altrettante cessioni o acquisti di droga, non è difficile ipotizzare un traffico di parecchi chili di cocaina e hashish. Tutto in soli tre mesi: da aprile a giugno del 2019.

Tutti episodi filmati e intercettati dai Carabineri della Sezione Operativa del Reparto territoriale di Gela.

«Un lavoro egregio – dicono il procuratore Asaro e il pm Mario Calabresi – che ha permesso di azzerare una pericolosa rete di spaccio». E stamane, in conferenza stampa, al fianco dei due magistrati c’erano il colonnello Baldassare Daidone, comandante provinciale dell’Arma, il tenente colonnello Ivan Boracchia, comandante del Reparto territoriale di Gela e il tenente Danilo Landolfi, comandante del Nor, con altri sottufficiali e carabinieri che hanno preso parte all’operazione.

Il poche settimane hanno controllato traffici e spostamenti dei 9 indagati: nove utenze telefoniche, due auto e un immobile controllati 24 ore su 24. Acquisendo fonti di prova solide che hanno convinto il Gip, Marica Marino, ad accogliere per intero le nove richiesta di arresto.

«Fermando – dice il procuratore Asaro – una rete di spaccio che rischiava di estendersi fino a dilagare».


Redazione
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