Gela: nuovo sindaco? Vedrei una donna. Il ritorno dell’amato cardinal Kempes
di Jorge Kempes
Sicilia, Agosto, A.D. 2023. Dimoro in Sicilia, a pochi passi dal Mare Nostrum. Privilegio per pochi, le credenziali del Cardinale Kempes sono più che sufficienti per accedere in questo angolo di Paradiso lasciando in ultima fila il codazzo di turisti volgari e marrani. Il territorio diventa paesaggio, si fa libro. Racconta l’anima di una Sicilia bella e colta, fatta di fatiche umane e speranze. Trovo il necessario per il comfort all’aria aperta. In questo scorcio di Sicilia tranquillo e remoto dovrò spremere le meningi per rispondere all’invito del direttore, Massimo Sarcuno, che chiede una riflessione ad ampio raggio. Accetto anche il suo richiamo, quasi un rimprovero. Da tempo ho messo in soffitta la mia vecchia Olivetti «Lettera 22» e lui è arrabbiato. «In questa landa sofferente – quasi urla al telefono – agitata da populismo e strilloneria, voltagabbanismo e acefalia, una schiena dritta non guasta. No, non guasta per niente». Io obbedisco, lo perdono per il tono. Tiro fuori la macchina da scrivere. Guardo la polvere che la ricopre, un ragnetto tesse la sua tela tra i tasti, il nastro inchiostrato è stantio e scolorito. Provo a gettare due righe sul foglio desolatamente bianco.
Un tentativo difficile perché sono circondato da uno stuolo di donne, compagne di tintarella in questa piccola spiaggia nel cuore del Golfo, frequentata da la crème de la crème: c’è la magistrata in bikini, che si rimette alla “sententia” di questo ex parroco elevato agli altari. Sotto l’altro ombrellone si staglia una palestrata in topless. Dietro c’è una coppia che ascolta Mozart dalla radiolina: lui è uno “zero a zero nel derby tra Alcamo e Terranova” negli anni che furono; lei una dea, che pensi: cosa cavolo ci fa con questo qui? Evoca incanto, grazia, floridezza e fragilità. Per fortuna la mia adorata consorte si è allontanata perché avrebbe censurato il comportamento e i cattivi pensieri del Cardinale su quell’instabile oggetto del desiderio. C’è la libera professionista a caccia di selfie. L’insegnante di greco che prova ad attaccare bottone argomentando sul “Giulio Cesare” di Roma, vera eccellenza italiana dell’istruzione. Ci sono anche un paio di fedifraghe che nemmeno cento Ave Maria potrebbe assolverle dal peccato.
Torniamo alla mission affidatami dal direttore. Ci sono due aspetti di Gela che mi inquietano: cittadino e politica. Non sono connessi tra loro per la delusione dei tanti opinionisti gelesi che maldestramente tentano di collegarli al punto da fare scattare una sorta di solidarietà forzata.
Prima questione: la deriva dei comportamenti umani. C’è una certa illogicità al punto di rischiare colpi di catene per un parcheggio o se salti la fila dal pizzicagnolo. Una sporcizia caratteriale simile al degrado urbano. Gela non è più una città solida, figurati il ragionamento. Manca solo il saloon del Far West perché ormai qualsiasi confronto si risolve a colpi di bastone, pistola, cazzotti e auto bruciate nella notte. La politica non c’entra nulla con i comportamenti individuali. Il prontuario dello stato selvatico contempla anche il branco di giovani senza speranza pronti a gettare la loro fiche sulla prossima lite. Non sorprendiamoci se la città si svuota perché i tantissimi giovani capaci e intellettualmente avanti lasciano quella che fu la terra greca. E mi scuso ma calza a pennello una massima di un mio ex sacrista: «I boni si ni vannu e restanu sulo i vastasi». Gela rischia di trasformarsi in un quartiere di soli anziani e giovani in età scolare, fino al diploma. Mentre loro, i vastasi, iniziano a proliferare.
Seconda questione: la politica. La mia generazione e quella precedente al Cardinale con il sacrificio, la passione democratica e liberale hanno trascinato l’Italia (e anche Gela) fuori dal conflitto mondiale proiettandola nel futuro. Si è passati dalla fame e dai bombardamenti al boom economico, alla visione di Mattei e all’ex Anic. Poi il declino, lento e inesorabile. Quelli attuali non sono giorni felici. L’attuale livello politico è preoccupante correlato a un degrado culturale piuttosto evidente. Così inizia il pellegrinaggio al cospetto del Cardinale per evitare il disastro collettivo di Gela. Mi chiamano politici e politicanti, uomini dai mille sogni ed esperti di liste e di pentolaccia. Così io, ingegnere ex parroco, con un trascorso politico-amministrativo, provo a orientare la scelta del prossimo candidato sindaco della città. Ho tre nomi in testa, due sono donne, chissà se la spallata non possa arrivare da una lady. Ce ne sarebbe bisogno. Ma questo sarà oggetto di approfondimento di una prossima pubblicazione.
Buona estate ai lettori di Today24.
Vostro Jorge Mario Alberto Kempes, cardinale emerito di Santa Romana Chiesa e oggi ingegnere in pensione.