Gela, quando la diversità è ricchezza. Una giornata speciale al Riviera Village
di Desideria Sarcuno
Spesso, le più grandi rivoluzioni maturano in silenzio. Esistono realtà che restano nascoste, non fanno rumore, eppure meritano di essere portate alla luce, perché possano essere d’ispirazione per chiunque. Alla base di un vero cambiamento c’è la costanza, il sacrificio e la passione tramite cui si persegue un obiettivo. Ed è sulla base di questi che opera la cooperativa sociale Bic ”Dopo di Noi” (legge 112/2016) e tante altre realtà legate a quest’ultima, come l’associazione “Ama Filippo”. Il senso dell’espressione “Dopo di noi”, è quello di costruire un ponte tra la famiglia, e chi si prenderà cura di coloro che non sono auto sufficienti, quando i genitori non ci saranno più.
Il motore di queste realtà è rappresentato da figure di professionisti e volontari che quotidianamente accompagnano i ragazzi con disabilità, cercando di trasformare quest’ultima in ricchezza, in un valore aggiunto.
Da due anni, infatti, è attivo un servizio di sostegno sociale e di supporto alle famiglie che vivono la disabilità dei figli o familiari, e che il più delle volte si ritrovano ad affrontare molteplici sfide da sole, senza un aiuto concreto.
Il Riviera Village, struttura vacanze che si affaccia sul mare di Desusino, fa da sfondo a numerose attività di gruppo, come la musicoterapia, i giochi in piscina e molto altro. Si realizza così un potenziamento socio – relazionale, tale da creare uno spazio sicuro e accogliente per i ragazzi.
«Ci muoviamo nel gruppo – dice Margherita Salsetta, assistente sociale e coordinatrice del progetto – questa è la nostra forza. Loro mi hanno cambiata, trasmettendomi tanto amore. Mi danno la forza per andare avanti. Sono loro che aiutano noi, in realtà».
Lo scopo è quello di creare un contesto che si affianchi a quello familiare attraverso una terapia di gruppo, al fine di favorire la loro inclusione e integrazione nei diversi contesti sociali nonché l’inserimento nel mondo del lavoro.
Il progetto favorisce una socializzazione secondaria, oltre alla scuola, altrimenti i ragazzi sarebbero isolati e privati di stimoli ambientali. Questo ha permesso loro di costruire una «identità» e la consapevolezza nelle proprie capacità. Un esempio è Costantino: all’inizio aveva paura di stare da solo, oggi l’ha superata, riuscendo anche a relazionarsi con gli altri. Graziano, invece, ama la politica e vorrebbe continuare gli studi universitari. Tante storie, tante persone. Speciali. Molti di coloro hanno conseguito attestazioni di qualifica professionale, dimostrando talento e abilità che credevano di non avere.
Ma “la cura” non riguarda solo i ragazzi, tocca soprattutto le loro famiglie. Queste hanno ritrovato i loro spazi e la vita di coppia.
«In realtà loro ti aiutano a capire il reale senso della vita – dice Alex Pepe, educatore professionale per ragazzi con disabilità – questi ragazzi sono esempi di quello che la società si perde: la loro genuinità, spontaneità e semplicità».
L’handicap nasce rispetto a ciò che non si può fare, ai limiti e alle restrizioni nella partecipazione sociale, pensiamo alla mancanza di strutture adeguate, come l’assenza di scivoli in piscina o rampe.
Nel 2023 esistono ancora (e purtroppo) forti pregiudizi, per cui è necessario curare in primis noi stessi dal pregiudizio e nell’accettazione di queste diversità, che non rappresentano una debolezza ma qualcosa di prezioso. Eppure, quando uno di loro si siede al bar o è in fila per un concerto, qualcuno lo guarda ancora in tralice o con diffidenza. Perché ci spaventa il diverso, perché lo giudichiamo e isoliamo? Questa è la domanda che ognuno di noi dovrebbe porsi.
Negli occhi di Gianluca – uno dei ragazzi – brilla una luce, qualcosa che somiglia vagamente alla speranza che le cose possano davvero cambiare. La tendenza generale è quella di girare la testa dall’altra parte, rifiutando di vedere e ammettere una verità evidente e cioè che la disabilità esiste, e no, non è contagiosa. A essere contagioso è l’amore che questi ragazzi offrono senza riserve, non chiedendo nulla in cambio. Li contraddistingue un’autenticità che in molti hanno seppellito. Sono un po’ come i bambini che ti accarezzano il viso o che ti prendono per mano, senza pensarci due volte.
Il lavoro di Margherita, Alex, Maria Carmela, Rosy, Rocco e tanti altri è il segno che il cambiamento è possibile, mattoncino dopo mattoncino, passo dopo passo.
Da soli, è difficile, ma insieme si possono raggiungere traguardi sorprendenti.