C’è un filo rosso che lega un capitolo dell’inchiesta «Gigante», condotta dai pm di Genova, al clan Emmanuello di Gela e agli alleati Fiandaca di Riesi, trapiantati in Liguria, tutti vicini al boss storico Giuseppe «Piddu» Madonia. Un omicidio. Un delitto commissionato e portato a termine, anni fa. Sullo sfondo dissidi nel clan per le scommesse clandestine. È uno spaccato dell’indagine che ha portato – una settimana fa – all’arresto di sei persone. Tra loro l’imprenditore Gabriele Silvano, genovese, e il presunto boss Salvatore Mario Lo Piccolo, affiliato – secondo l’accusa – al clan della zona di Tommaso Natale a Palermo. È l’imprenditore ligure che sembrerebbe ammetterlo mentre parla in auto con un amico, ignaro del fatto che la Dia lo stesse intercettando.

Silvano, secondo l’accusa, ammette di avere fatto parte del gruppo di fuoco del clan Emmanuello Fiandaca di Gela.

«Gaetano era in gamba – dice Silvano all’amico – infarti, dov’è cominciata tutta la lite che è successa con i Fiandaca… sai qual è? Tano, Rocco Riccobene, Paolo Vitello dici… erano diciamo… fai il termine “il braccio armato”… no… facevano tutti i “servizi”… poi a un certo punto Lorenzo, si mette a giocare al Toto nero a Casella… spendendosi il nome dei Fiandaca…».

E così, continua Silvano, “l’hanno saputo… c’hanno incaricato di ammazzare… e si sono vendicati… gli han fatto guerra loro da li è nata la lite… per il Toto nero volevano che l’ammazzassi”. Da queste parole la Dia, che conduce le indagini coordinate dalla pm Monica Abbatecola, potrebbe riprendere in mano vecchi omicidi insoluti avvenuti negli anni ’90 a Genova e dintorni.

Del resto emerge dai fascicoli di numerose inchieste che gli Emmanuello erano di casa nella città della Lanterna. E uno di loro, secondo vecchie informative della Digos, sarebbe stato organico a una colonna delle Brigate Rosse.

In quegli anni c’era stato l’omicidio di Gaetano Gardini, freddato mentre consumava un pasto nel ristorante «La buca di san Matteo», nel centro storico di Genova. Un omicidio riconducibile alla gestione del Toto nero. Per quel delitto furono processati e condannati alcuni esponenti del clan mafioso Emmanuello Fiandaca, ma alcuni ergastoli furono poi annullati in Cassazione.