Gela tra i siti ad alto rischio per inquinamento e rifiuti. Bianchi: «Bonifiche subito»
di Redazione
Il territorio di Gela è tra quelli maggiormente bisognosi di bonifiche e serve un cambio di passo da parte del parlamento europeo che sarà eletto nella tornata dell’8 e 9 giugno. A lanciare l’allarme è Fabrizio Bianchi, epidemiologo ambientale del Comitato scientifico nazionale dell’Associazione italiana medici per l’ambiente (Isde). «La nuova Ue dovrà cambiare passo: bonifiche e rifiuti sono uno dei grandi temi prioritari per ambiente e salute per l’Oms, le agenzie Ue e nazionali e quindi anche per Isde. Circa 35mila i siti da bonificare in Italia, da Gela a Livorno, da Marghera a Priolo, da Taranto a Manfredonia, per fare qualche esempio, oltre 340mila in Europa. Ma le stime sono da aggiornare, per la maggior parte ancora da caratterizzare o con bonifiche da progettare, solo in piccola parte bonificati; in Italia coprono oltre 300mila ettari (2 volte la provincia di Milano). Milioni di persone sono quindi esposte a rischi chimico-fisici vari che hanno prodotto danni, alcuni noti e altri da studiare». Bianchi ha parlato durante l’evento promosso da Isde Italia, in occasione della XXIII edizione delle Giornate italiane mediche dell’ambiente, presso l’Ufficio del Parlamento europeo in Italia a Roma. «I rifiuti – secondo l’epidemiologo – rappresentano un problema anziché una risorsa a causa del non rispetto delle 5R, ovvero riduzione, riutilizzo, riciclo, recupero, raccolta differenziata – sottolinea Bianchi, già dirigente di ricerca Istituto di Fisiologia clinica del Cnr, docente incaricato Sant’Anna Pisa e UniPisa – e della piramide Ue sul trattamento (discariche vietate ma ancora molto utilizzate, incenerimento spinto)». Su bonifiche e rifiuti “prosperano attività criminali e malavitose di pericolosità crescente, che non è di sola pertinenza giudiziaria – fa notare l’esperto – Nuovi impianti di trattamento vengono proposti e costruiti nonostante non siano in grado di chiudere il ciclo dell’economia circolare, ma sostenendo il contrario solo perché non si considerano i costi degli impatti su ambiente e salute, o si trattano come esternalità negative e nonostante in molte aree di localizzazione di impianti industriali lo stato ambientale e socio-sanitario sia già critico”.