Gela: la Porsche incendiata, le imprese come vasi comunicanti. Imprenditore agli arresti, indagati due collaboratori
di Redazione
Una Porsche «Macan S» intestata a una ragazza all’epoca diciannovenne, senza ancora la patente di guida. La supercar era finita bruciata lo scorso primo settembre per mano ignota, mentre era in sosta davanti alla villetta di Claudio Domicoli, gelese di 44 anni. L’uomo, imprenditore dell’ortofrutta, già condannato per associazione mafiosa ed estorsione, la scorsa notte si è visto bussare alla porta dai Finanzieri che gli hanno notificato un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari. Il divieto temporaneo di esercizio dell’attività d’impresa, invece, è stato applicato a Sofia D. (la ragazzina della Porsche, oggi ventiduenne) e Giuseppe Fabrizio M. di 43, ai quali è stato contestato, in concorso, il reato di trasferimento fraudolento di valori. I militari del Gruppo di Gela erano partiti proprio da quella Porsche e dal tenore di vita delle persone coinvolte. Quella supercar, poi finita in fiamme, sembra per rivalità nel commercio, aveva fornito il primo impulso alle indagini. E, poco alla volta, gli uomini delle Fiamme Gialle, sono riusciti a rimuovere uno dopo l’altro i veli che coprivano su un presunto sistema di vasi comunicanti tra imprese riconducibili a Domicoli, nel caso specifico la «Ortofrutta Gela» e la «Domicoli Fruit». L’esecuzione del provvedimento dell’autorità giudiziaria si è infatti completato con il sequestro preventivo diretto del complesso di beni mobili, immobili, partecipazioni societarie e disponibilità finanziarie di due aziende gelesi, attive nel settore del commercio di prodotti ortofrutticoli, il cui valore complessivo si attesta attorno ai due milioni di euro e che saranno poste in amministrazione giudiziaria.
L’indagine trae origine dall’attività di controllo del territorio e dall’approfondimento delle vicende societarie di alcune imprese gelesi che, pur non risultando formalmente intestate al principale indagato, Claudio Domicoli, lo vedono figurare quale amministratore di fatto delle stesse imprese. L’imprenditore, già coinvolto in rilevanti operazioni di polizia giudiziaria («Tagli Pregiati», «Free Car» e «Atlantide-Mercurio»), allo scopo di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniali cui sarebbe potuto incorrere, si è avvalso di strutture societarie costituite da soggetti a lui vicini per continuare ad operare nel commercio di ortofrutta. Plurime sono le risultanze investigative raccolte dai Finanzieri di Gela che hanno dimostrato come l’attività d’impresa delle società interessate dal provvedimento odierno sia da ricondurre esclusivamente al Domicoli, emerso chiaramente quale figura di riferimento per clienti e fornitori, nonché delegato ad operare sui rapporti bancari di una delle società di cui risulta essere solamente un dipendente.
La ricostruzione delle vicende societarie è partita dalla costituzione (nel 2010) di una prima azienda, intestata ad un familiare di Domicoli e ora in fallimento, già interessata da un provvedimento di sequestro, ad opera della Dia di Caltanissetta.
Successivamente, al fine di proseguire la propria attività imprenditoriale, Domicoli ha costituito due nuove compagini societarie, aventi la medesima sede ed operanti nello stesso settore commerciale dell’azienda fallita, attribuendone la titolarità a soggetti rivelativisi essere chiaramente delle “teste di legno”. Infatti, sia Giuseppe Fabrizio M. (già dipendente della società ora in fallimento) che Sofia D. (altra familiare di Domicoli) non disponevano di capacità reddituali significative e non erano quindi nelle condizioni economico-finanziarie tali da poter apportare capitali nelle nuove società, tanto per la loro costituzione quanto per il successivo sviluppo imprenditoriale.
Le indagini delle Fiamme Gialle gelesi hanno dimostrato che entrambi i soggetti non hanno mai rivestito, all’interno delle società, alcuna funzione gestionale e rappresentativa, avendo operato meramente quali prestanome del principale indagato, oggi sottoposto agli arresti domiciliari. La continuità gestionale delle società interessate dal provvedimento cautelare è peraltro testimoniata dal mantenimento pressoché inalterato della platea di clienti e fornitori, che riconoscevano Domicoli quale unico interlocutore.
Quest’ultimo non ha solo gestito operativamente e con continuità tutte le società oggetto d’indagine, ma ne ha anche utilizzato, a proprio piacimento, i beni loro formalmente intestati. Significativa, al riguardo, la circostanza che ha visto Domicoli acquistare un’autovettura di lusso (una Porsche Macan S), subito ceduta a una delle società oggetto d’indagine, peraltro ad un prezzo di molto inferiore rispetto al costo d’acquisto, così da non
apparirne più formalmente proprietario ma continuando ad averne la piena disponibilità, come testimoniato dal fatto che è stato più volte individuato a bordo di detta autovettura, anche in compagnia di pregiudicati gelesi.
«L’intento – dice il procuratore, Fernando Asaro – vorremmo fosse chiaro non è quello di paralizzare o penalizzare le aziende che finiscono sotto indagine ma di spossessarle da taluni soggetti e pulirle dall’inquinamento di condotte fraudolente. Bonificare le aziende e renderle compatibili con un mercato sano».
Al fianco del Procuratore, durante la conferenza stampa di stamane, svoltasi in modalità remota, c’era il sostituto Ubaldo Leo, che ha coordinato le indagini.
L’intera attività investigativa è stata condotta dai militari del Gruppo della Guardia di Finanza di Gela, agli ordini del capitano Giuseppe Gradillo. Alla conferenza stampa ha preso parte il comandante provinciale della Fiamme Gialle, colonnello Andrea Antonioli.