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Giovanni Iudice: «Nelle mie spiagge, così amene, vedo il dramma». Sessanta opere in mostra fino al 5 febbraio


di Redazione

Giovanni Iudice: «Nelle mie spiagge, così amene, vedo il dramma». Sessanta opere in mostra fino al 5 febbraio
14 Gen 2023

Sono in mostra, ancora per circa un mese, fino al 5 febbraio, nell’ex Convento del Carmine di Modica, circa sessanta opere di Giovanni Iudice, in una personale che ne ripercorre trent’anni di carriera artistica (sottotitolo, appunto: 1992-2022). Ci sono i dipinti… e c’è soprattutto «Umanità», la grande tela che è uno dei simboli della capacità e della sensibilità di Iudice. Posta in una stanza tutta sua, si impone per le grandi dimensioni e la forza espressiva, esaltata dall’allestimento: poggia su uno strato di sabbia che costituisce un prolungamento della spiaggia del dipinto, nella quale sono ritratti accovacciati un gruppo di migrantes.

Un opera non a caso accostata al «Quarto Stato», il celebre dipinto di Giuseppe Pellizza da Volpedo, tanto da essere ribattezzata «Il quinto Stato». Vittorio Sgarbi ha detto che dopo «La Vucciria di Guttuso», «Umanità» di Iudice è «l’opera più impegnativa dipinta in Sicilia» e che «certamente merita di stare accanto ai grandi capolavori siciliani».

«La tela – dice l’artista gelese all’Agenzia Giornalistica Italia – non ha mai avuto pace e costituisce senz’altro l’apice della mia carriera. Prima o poi è destinata ad avere uno spazio pubblico definitivo tutto suo». Oggi è di proprietà dell’imprenditore palermitano Francesco Sciarrino, il quale l’ha comprata dal primo collezionista e mecenate storico di Iudice, Giuseppe Iannaccone.

«Nacque – racconta – come una sfida in vista della Biennale di Venezia del 2011. Si discuteva circa la mia presenza e nella titubanza lavorai per quindici mesi a un’opera che avrei proposto agli organizzatori sperando nell’accoglimento. E così fu».

Il tema di forte impatto non era nuovo. Già dal 2006 Iudice aveva espresso su tela il suo interesse per i migranti provenienti per mare dalla costa africana e che più volte aveva visto spiaggiarsi nell’area dove è nato e cresciuto, a Gela, ricavandone un inguaribile turbamento. Ma forse il suo sguardo non si sarebbe posato sulla dolente umanità di mondi altri se non l’avesse vista su quelle spiagge che da anni dipingeva popolandole di bagnanti, facendo così delle spiagge delle vacanze quelle della sofferenza e della disperazione.

Nel 2019 infatti il Part di Rimini gli chiede di rivisitare Umanità in forma ancora più simbolica, sicchè arriva «Le stelle del mare», opera di dimensioni più contenute, oggi custodita a Rimini, e diversa per la presenza al centro non di una donna che solleva un bambino nero appena nato ma di una ragazza che come una Madonna nera tiene in braccio il figlioletto neonato. Rispetto a «Umanità», «Le stelle del mare» si distingue per la presenza del mare nero pece oltre la spiaggia e nel cielo notturno di ventisette stelle che indicano gli Stati dell’Unione europea. Il suo carattere ispirato e ideale fa da contrappunto a quello mortifero e ideologico che innerva «Umanità».

«Ho lavorato – racconta – su singole fotografie prese in tempi e luoghi diversi. Quelle persone, che individualmente ho davvero incontrato, non sono mai state insieme, per cui la tela non è la trasposizione di una fotografia d’insieme, come pure fu detto a suo tempo. Per dimostrare che non è ciò che sembra, cioè una foto, ho dovuto postare sulla mia pagina Facebook le singole fasi di lavorazione, dal disegno alla colorazione».

In realtà la potenza mimetica e riproduttiva che Iudice mostra fa pensare a fotografie trattate in laboratorio invece che a dipinti. Iudice è artista sociale e dice di essere sempre stato attratto dal dramma umano.

«Anche nelle mie spiagge – afferma – così amene, vedo il dramma. Ho cominciato a disegnare nei primi anni Novanta andando col taccuino e la matita sulle spiagge gelesi ritraendo le persone più comuni, uomini grassi e donne con la cellulite, al di fuori di ogni canone di bellezza artefatta. E sono rimasto realista – spiega – anche dopo aver intrapreso altre strade, più espressionistiche e che chiamo di sintesi. Ho viaggiato conoscendo soprattutto l’opera di Ce’zanne quanto al colore e alla luce, ma come Picasso, che sia pure cubista diceva di essere realista e di aver imparato da Goya, io continuo a osservare il mondo che mi attornia e a intervenire in questo modo nel dibattito civile. Sono un artista che lavora per cicli, che ha urgenza di rinnovarsi sempre, ma che intende rimanere impegnato».

La miseria umana che attrae Iudice è bivalente. Mentre i suoi bagnanti sono sempre visti dall’alto, a volo d’uccello, come un paesaggio osservato con distacco, i migranti, gli stranieri, le donne dipinte nude, le marine cespugliose di Gela sono dipinti ad altezza d’uomo in un rapporto ravvicinato.

«È vero – racconta l’artista – ed è dovuto a un mio atteggiamento più umile verso tale realtà». Ciò definisce il valore politico delle sue marine nelle quali il senso del dramma sottende un significato ben diverso, di tipo sociale e non ideologico. In un emblematico olio del 2012, Nuvole a Venezia, un barcone ricolmo di migranti attraversa il Canal Grande come fosse una nave da crociera, creando così il contrasto tra miseria e lusso, dramma e edonismo, bruttezza e bellezza.

«Giovanni Iudice: 1992 – 2022» è visitabile fino al domenica 5 febbraio 2023.


Redazione
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