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Il buio delle nostre scelte

Riflessioni davanti al… presepe


di Raimondo Giammusso

Riflessioni davanti al… presepe
rubrica
5 Dic 2019

Nel pieno delle feste natalizie, andando a fare la spesa incontro un amico di vecchia data che mi invita a fare due passi con lui. Ci fermiamo dentro un bar ove continuiamo la nostra chiacchierata attorno ad una tazza di the; evochiamo ricordi che ci hanno visti partecipi di una stagione in continua evoluzione sino all’apice del benessere.

Benessere: parola magica che ci riporta alla stabilità e sicurezza economica, che ti fa svegliare la mattina con la voglia di cambiare il corso della vita sino a sentire quasi  il mondo ai tuoi piedi:

Benessere: come un passaggio dalla notte al giorno.

Ci lasciamo con il desiderio di rivederci, anche se sappiamo che non sarà cosi facile, ma…..chissà

Ritorno alla routine di ogni giorno che travolge pensieri e affetti sino a spersonalizzarti.

Ma quella chiacchierata ha continuato a frullare come un macinino che mi ha spinto a dare un seguito a ciò che ci siamo detti; per questo Caro vecchio amico mio voglio condividere con te alcune mie riflessioni. Mi metto a mio agio su quella poltrona che sa di antichi ricordi e dopo avere inforcato gli occhiali, segno dell’età che passa, inizio a scrivere su un foglio ingiallito guardando quel  presepe che la mia cara nonna ogni anno tirava  dalla vecchia cassapanca. Fisso quel presepe che mi porta indietro nel tempo tra meraviglia e stupore, tra bellezza e degrado, con lo sfondo di un cielo punteggiato di luci. Mi fermo un attimo a pensare e con la mente mi immergo in quei personaggi semplici nei loro gesti ma protagonisti forse inconsapevolmente di qualcosa di inaspettato: vedo il fornaio che prova a rendere la tavola più conviviale con quel pane sfornato che ha il profumo della fragranza del sacrificio; il bambino il cui banco di scuola è un prato pieno di fiori; c’è la mamma che con le sue mani operosa fila la lana; le casette illuminate dove si intravede la famiglia attorno al camino; più in là c’è lo stagno ove le oche si agitano quasi per attirare l’attenzione. Ma il mio sguardo si ferma quasi sorpreso su alcuni pastori che si dirigono verso una grotta in fondo alla quale si scorge un uomo impaurito e frastornato, una donna le cui guance sorridenti sono velate da una sottile smorfia di dolore, un bambino che dalle smorfie del viso si presume sia nato da poco. I pastori: uomini senza fissa dimore, considerati inaffidabili e ladri a cui nessuno avrebbe dato fiducia. La notte è fredda, ma c’è un’atmosfera in quel presepe che sa di magico e di irreale, il cui contorno sa di una semplicità disarmante che mi invita a tornare con la mente, sulla mia poltrona di raso colore rosso, odor di naftalina, ad un altro presepe, quello dei nostri giorni, ove primeggia il buio delle situazioni di oggi: è il buio dell’ipocrisia di un buonismo che sa di facciata e che si veste di falsi sorrisi; è il buio di un papà che ha perso il posto di lavoro o che è stato costretto ad emigrare; è il buio di un giovane che ha fatto della strada la sua “scuola di vita”; è il buio di una ragazza che sta sul marciapiede per vendere il suo corpo; è il buio di tanti pastori “senza fissa dimore”; è il buio dei genitori che hanno difficoltà ad educare i propri figli; è il buio delle…..nostre scelte bagnate di egoismi. Di colpo i personaggi sono diventati statici, freddi, quasi inumani: sembra  che non abbiano più vita. Come un lampo che attraversa  l’arco del cielo un pensiero mi balena nella mente: se sarà pur vero tutto questo, che senso ha la vita. Rimango impietrito, ma quando sembra prendere sopravvento il pessimismo, la malinconia, la sfiducia, ecco che in mezzo a quei personaggi un bambino inerme, indigente, indifeso, un clandestino, si fa largo tra il fetore di una stalla simbolo dei senza casa, senza patria, senza speranza, senza futuro. Tutto ciò mi riporta al gusto dell’essenziale, al sapore delle cose semplici, alla gioia del servizio e dell’impegno.

Grazie caro vecchio amico mio, perché mi hai dato l’opportunità di guardarmi dentro attraverso questi personaggi  che sanno di passato e presente, vecchio e nuovo e che nella mia mente si impastati come la farina e l’acqua per formare quel pane che mi da la forza per alzarmi dalla mia vecchia e cara poltrona ed andare incontro all’uomo l’opera più bella del creato.


Raimondo Giammusso
Sacerdote salesiano, amico e lettore di Today24. Una vita dedicata agli «ultimi» è stato parroco a San Domenico Savio. Appassionato di Sport, scrive su temi sociali