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Report del Sole 24 Ore

Caltanissetta, cenerentola d’Italia


di Giuseppe Taibi

Caltanissetta, cenerentola d’Italia
rubrica
3 Gen 2020

Ultimi, ultimissimi. In fondo al baratro, dove puoi solo grattare, dove scavare è un esercizio inutile perché sotto c’è il nulla. Dove l’unico percorso obbligato è in direzione nord, verso su, al di sopra della superficie: risalire, arrampicarsi, casella per casella, posizione per posizione. La provincia di Caltanissetta, secondo il rapporto del Sole 24 ore è la cenerentola d’Italia, la peggio tra le italiche province. Che malafigura! potremmo dire schernendoci (e un po’ vergognandoci). A leggere lo studio ciò che inchioda il Nisseno nelle retrovie è l’economia stagnante, l’assenza di infrastrutture, mettiamo pure quella sorta di frustrazione di ogni nisseno che pare avere gettato la spugna, che armato di bandiera bianca viene inghiottito da un pullman, da un treno, da un aereo. Destinazione nord. Un nord qualsiasi. C’è chi, soprattutto del capoluogo, ha tentato una disamina un po’ assolutoria delle ragioni che hanno portato all’esito della classifica. Proprio al giornale economico il sindaco di Caltanissetta Roberto Gambino ha argomentato: “Siamo vittime dei problemi della Statale 640, con i lavori in corso e poi bloccati a causa dei problemi che hanno coinvolto  Cmc, il colosso che è in concordato.  Sono 300 le piccole e medie aziende nissene che hanno avuto problemi per questa storia”. Ultimi – secondo quindi il primo cittadino nisseno – per un evento singolo quanto deleterio, per il fallimento di un’impresa romagnola calata in Sicilia per fare affari. Ancora una volta la lettura ufficiale dà il popolo nisseno vittima di una condizioni esterna. C’è chi (l’ho sentito con le mie orecchie, lo giuro!) sostiene che la scelta del giornale di Confindustria di confinare la provincia di Caltanissetta nell’abisso sia stata assunta per una fantasiosa (e inspiegabile) azione di rivalsa dopo le vicende che hanno investito l’ex potentissimo Antonello Montante. Quintali di congetture che impattano però con una realtà inconfutabile e palese: il Nisseno sta vivendo uno dei periodi di maggiore crisi della sua esistenza.
Quali quindi le ragioni del tracollo? Caltanissetta, capitale della provincia cenerentola, sconta un gap che non è soltanto infrastrutturale. Soffre l’assenza di un vero e proprio tessuto produttivo capace di generare ricchezza: mancano per intenderci realtà industriali di primo piano. La più nota tra le aziende, l’Averna, ha trasferito l’imbottigliamento del famoso amaro al nord lasciando tra Xiboli e Santo Spirito soltanto la produzione dell’infusione. Dopodiché il nulla, il vuoto cosmico. Una città che si fonde sul terziario, dove il terziario è esso stesso in crisi (il posto fisso è sempre più una chimera), rischia di scomparire. La prima ad essere minacciata, a temere di svanire, travolta dall’ineluttabile, sembra essere la middle class, incapace di tenere a casa i propri figli che spesso preferiscono migrare altrove. C’è da dire però che la fuga delle giovani generazioni verso mete con maggiori opportunità non pare avere sfiancato Caltanissetta, almeno nella sua consistenza numerica. La città, a differenza di altri centri del sud, non pare soffrire particolarmente l’emorragia demografica. Non perde abitanti ma neppure ne guadagna e questo non è un punto a suo favore, soprattutto in un periodo in cui le campagne si svuotano a favore delle città. La capitale del Nisseno si conferma inalterata e immutata pure nella sua demografia, come un’istantanea fissata nel tempo e immodificabile. Nel 2001 gli abitanti del capoluogo erano 61.268, quasi 20 anni dopo, nel 2018, i residenti si sono attestati (almeno al dato aggiornato al 31 dicembre) su un numero leggermente inferiore, 61.064. Non un terremoto. Più che altro piccole scosse di assestamento. Nel Nisseno d’altronde, secondo i dati dell’Istat, non c’è paese segnato da una crescita sostenuta in termini di abitanti. In alcuni comuni del Vallone al contrario si osserva una vera e propria ecatombe, un’emorragia che pare non volersi arrestare. A Villalba in 20 anni la popolazione si è ridotta di un quarto, dai quasi 2 mila registrati con l’avvento del nuovo millennio ai 1500 di oggi. Bompensiere, minuscolo agglomerato urbano, ha numeri da condominio: circa 500 residenti. Acquaviva poi si conferma la capitale siciliana dell’emigrazione: qui il tasso è del 364 percento. Per intenderci gli acquavivesi residenti nel borgo sono 928, quelli che vivono all’estero, perlopiù in Gran Bretagna, sono circa 2450. Neppure l’area sud se la passa meglio. Riesi, un lustro fa proclamata la capitale dell’emigrazione all’estero, perde costantemente un centinaio di residenti all’anno. Sorte non dissimile dalla vicina Mazzarino. Ma dire che tutto oramai è perduto sarebbe un’ingiustizia è un errore madornale (oltre che fatale). Sindaci avveduti pare abbiano oramai preso consapevolezza del problema, così movimenti civici sono nati con l’intento di invertire la rotta, di cambiare quell’atteggiamento da eterni Calimero, da perenni ultimi della classe. Consapevoli che ora che abbiamo toccato il fondo non possiamo fare altro che risalire. Non c’è più nulla da perdere a questo punto. Ad essere ottimisti si potrebbe persino azzardare che c’è solo da guadagnarci. A dirla con Einstein è nella crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Anche Cenerentola ha avuto la sua rivincita. Tant’è.


Giuseppe Taibi
Giornalista, organizzatore di eventi, fondatore di Carta Stampata e dei Viaggi di Cicerone, due portali di successo. Da anni firma i suoi articoli sul Giornale di Sicilia e sull'agenzia di stampa Italpress