Mazzarino, lapidazione di Santo Stefano. La proposta: «Opera da restaurare e valorizzare»
di Delfina Butera
A tanti è capitato di frequentare, per svariati motivi, l’ospedale Santo Stefano di Mazzarino. All’ingresso si nota un quadro che potrebbe apparire un arredo tra i tanti. Ma di fatto non lo è, poiché si tratta di un dipinto di Pippo Rizzo, importante artista siciliano, caposcuola del Futurismo siciliano e maestro di Renato Guttuso. A notarlo e riconoscere l’opera dell’artista, è stato Attilio Gerbino, docente d’Arte e cultore di storia locale, che unitamente a Rosario Riggio, anch’egli docente, originario di Riesi ma da anni residente a Torino, sollecitano interventi di ristrutturazione in grado di ridare originario splendore all’opera. ”Una norma, nota come legge del 2 per cento – affermano i due docenti – riserva parte dei fondi per la realizzazione di edifici pubblici alla creazione di opere d’arte destinate ad abbellirli. Quando nel 1959 è stato inaugurato a Mazzarino il nuovo ospedale, quelle risorse furono riservate probabilmente ad acquistare due significative opere divenute presto emblemi dell’ospedale: la pala d’altare destinata alla cappella, raffigurante non a caso La Lapidazione di Santo Stefano e un bassorilievo in bronzo collocato sul portone d’ingresso, rappresentante La parabola del buon samaritano, opera dello scultore Giovanni Rosone».
Il quadro era venerato sia dai pazienti ricoverati che dagli abitanti del quartiere che, regolarmente assistevano alle funzioni religiose tenute nella piccola chiesa dell’ospedale ubicata all’ingresso dell’ala sinistra del piano rialzato. Questo fino agli anni Settanta, quando, a seguito di lavori di ristrutturazione, la cappella viene soppressa per far posto alla nuova sala operatoria e il dipinto di Rizzo, collocato dove si trova attualmente. Uno spazio forse più visibile ma probabilmente poco adatto alla sua conservazione.
«Pippo Rizzo e Giovanni Rosone sono due importanti artisti siciliani, ormai storicizzati – dicono Gerbino e Riggio – le cui opere sono conservate in collezioni pubbliche e private sparse in Italia e all’estero. Discutendo di questo, ci siamo chiesti se si potesse fare qualcosa per salvaguardare le due opere d’arte e, in particolare il quadro. Ci siamo confrontati con i responsabili dell’ente, ottenendo la promessa di un intervento di tutela dell’opera d’arte. Sono trascorsi alcuni anni senza che si muovesse foglia».
«Il vento è cambiato con la nomina del direttore del presidio sanitario, Fulvio Drogo, che ha accolto l’idea della tutela e valorizzazione tanto che il quadro, liberato dalla polvere, protetto con una lastra di plexiglass, dotato di relativa didascalia e illuminato più opportunamente, ha ripreso il suo posto, accogliendo al meglio i visitatori dell’ospedale. Un primo passo verso la valorizzazione di queste due importanti opere d’arte, che dovrebbe passare anche attraverso il necessario intervento di un restauratore professionista, in modo particolare sul dipinto. Un ospedale non è solo un luogo di cura del corpo, ma anche dell’anima. Nel caso di Mazzarino, le opere d’arte offrono la possibilità di ammirare due significativi esempi di pittura e scultura del Novecento siciliano, che potrebbero essere inseriti in un percorso più ampio di scoperta turistica del territorio, dall’antichità preistorica al ventesimo secolo».
A destra e nella foto grande in alto «La lapidazione di San Stefano» di Pippo Rizzo. Al centro dell’articolo il bassorilievo «La parabola del buon samaritano» di Giovanni Rosone.