Niscemi, presidio Slow Food sul carciofo. Proteggere tradizione, qualità prodotto e biodiversitÃ
di Redazione
Nuovo Presidio Slow Food in Sicilia, a Niscemi, dedicato al carciofo. L’isola si conferma la regione con più progetti di tutela della biodiversità Slow Food: sono 51. Lo chiamano «nostrale» per distinguerlo dalle varietà che negli ultimi decenni hanno preso il sopravvento nei campi della zona, come il violetto di Provenza e il carciofo romanesco. Ma «a cacoccila» dimensioni piccolo-medie, dolcissima, ha avuto fortuna commerciale perché delicata. L’ortaggio, dopo essere raccolto va consumato entro due o tre giorni, altrimenti il suo aspetto tende a guastarsi. Di sapore rimane buonissimo, ma diventa meno vigoroso e turgido, pagando quindi lo scotto di una concorrenza che spesso passa anche dall’apparenza. Il carciofo di Niscemi, anticamente soprannominato vagghia’rdu (“gagliardo” in dialetto) per l’aspetto vigoroso della pianta, non presenta spine; i capolini hanno la forma di un calice, le brattee, cioè le “foglie”, sono di colore verde chiaro con sfumature violette. Il cuore del carciofo è compatto, dal sapore delicato e dolce, e la presenza di pappo o “barba” è scarsa, motivo per il quale gli scarti sono molto ridotti. In cucina si può consumare crudo, in insalata, oppure bollito e poi intinto in un condimento di olio extravergine d’oliva, prezzemolo e pepe. Oppure ripieno di mollica. E ancora in risotti, ad esempio abbinato alla menta. La ricetta tradizionale, però, prevede di consumare i carciofi arrostiti sulla brace viva, conditi con olio e sale, eventualmente con l’aggiunta di pepe e prezzemolo.