Una lapide per ricordare Francesco Pepi, imprenditore ucciso da Cosa Nostra. Non si piegò al pizzo e pagò con la vita
di Redazione
Niscemi non dimentica Fracesco Pepi, ucciso per non essersi sottomesso alla mafia. Un omicidio avvenutola sera del 14 febbraio 1989. Pepi, titolare di un’azienda di conserviera di prodotti agricoli, venne ucciso da un sicario di Cosa Nostra, nei pressi della chiesa di San Giuseppe. Il Comune, con in testa il sindaco, Massimiliano Conti, ha dedicato una lapide che intitola la strada, che parte dall’azienda del commerciante per finire all’incrocio con Via Gandhi. Erano presenti i familiari dell’imprenditore ucciso, i figli Franca e Liborio, i fratelli Pietro, Antonio, Salvatore e Grazia, il viceprefetto Massimo Signorelli, il comandante provinciale dei Carabinieri, una rappresentanza della Polizia locale, numerosi familiari di altre vittime di mafia. Presente anche il luogotenente dei Carabinieri in pensione, Domenico Resciniti, allora comandante della Stazione di Niscemi, il quale raccolse la denuncia di estorsione di Francesco Pepi, che poi portò all’arresto dei «picciotti» che gli chiedevano il pizzo.
«Pepi – ricorda Resciniti – allora mi disse: sono una persona del mio tempo, sono nato povero e mi sono fatto da solo. Non mi piegherò mai, perché quello che ho realizzato l’ho fatto per i miei figli». Franca Pepi, nel suo intervento, ha ribadito che “la ribellione al pizzo di mio padre non è stato un atto di coraggio ma di orgoglio, per potere continuare a guardare negli occhi i suoi figli”. «Francesco Pepi – lo ricordano i suoi familiari – era un uomo che non sapeva dire di no a nessuno tranne che alla mafia». Con la sua morte è scomparsa anche un’azienda che trasformava i prodotti. Pepi dava lavoro a oltre cento operai.
«Questa cerimonia – dice il sindaco Conti – conclude un iter amministrativo, per onorare la memoria di una vittima della mafia».